Con un articolo nel maggio 2010 si apriva un ampio dibattito sulla natura delle RSD da cui emergono ora alcune proposte per favorire il rispetto dei diritti umani in questa strutture.
Risposte, critiche, commenti, approvazione. Non è passato inosservato l'articolo pubblicato circa un anno fa su questo sito che introduceva alcuni elementi di riflessione sulla natura e stato dell'arte delle RSD (Residenze Sanitarie Disabili) in Regione Lombardia.
Un anno in cui molte cose sono cambiate e purtroppo non sempre in meglio. Mai come in queste ultime settimane sono messe in discussione le risorse necessarie al mantenimento e sviluppo dei servizi sociali territoriali. Mai come in questo momento, quindi, appare utile e, forse, necessario interrogarsi sulla bontà di una serie di strutture che, da sole, assorbono gran parte della spesa sociosanitaria regionale destinate alle persone con disabilità e più di un quarto dell'intero bilancio regionale destinato a questo scopo.
La tesi di fondo dell'articolo che lanciò questo dibattito era, in estrema sintesi, che i vincoli posti dalla delibera di istituzione alle RSD non fossero sufficienti a garantire il pieno rispetto e promozione dei diritti umani delle persone che vivono in queste strutture.
Molti i commenti, sostanzialmente positivi: non sono mancate le risposte critiche o comunque che intravedono un pericolo in alcune affermazioni considerate, forse, velleitarie. Non si trattava, secondo queste voci, tanto di mettere in crisi una unità di offerta consolidata nella nostra regione quanto piuttosto di garantire il giusto flusso di risorse dare continuità delle risposte.
Proviamo ora a passare dalla semplice analisi della situazione ad una serie di punti che, a nostro avviso meriterebbero di essere analizzati per ricavarne proposte di modifica della delibera che regola il funzionamento di questa unità di offerta:
Per favorire i processi di contrasto all'isolamento ed alla segregazione, insiti oggettivamente in ogni forma di presa in carico globale, si potrebbe valutare di far decadere quell'automatismo tra inserimento in RSD mediante:
Inoltre si potrebbero porre alcuni vincoli, quali ad esempio:
Infine si dovrebbero valorizzare, anche economicamente, quelle esperienze in cui:
Una serie di proposte che ci appaiono assolutamente sostenibili, o per utilizzare il linguaggio della Convenzione dei semplici "accomodamenti ragionevoli", in grado di contrastare la discriminazione di cui sono inevitabilmente vittime le quasi 4000 persone con disabilità che oggi vivono nelle RSD lombarde.
Una serie di proposte che, ci auguriamo, possano divenire oggetto di analisi, studio e valutazione da parte di gruppi di lavoro e di ricerca sia di carattere istituzionale che indipendenti.
Giovanni Merlo - Direttore LEDHA
Paolo Aliata - Responsabile Organizzativo LEDHA
Guido De Vecchi - IlLab
Fabrizio Magani - Direttore RDS Muggiò, Fondazione Stefania
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Opinione già pubblicata il 6 maggio 2011.
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