Dopo di Noi lombardo: primo identikit dei beneficiari
Quale fotografia emerge dai primi dati disponibili sull’utilizzo dei Fondi per il Dopo di Noi in base al programma operativo lombardo? Un’analisi dei primi dati regionali disponibili riferiti al primo bando di ottobre 2017
Di recente sono stati diffusi i primi dati regionali riguardanti l’attuazione del programma operativo lombardo sul Dopo di Noi (ex L n. 112/2016). Prima di soffermarci sull’analisi dei dati disponibili, ci sembra opportuno riprendere alcune informazioni di contesto.
Il programma operativo lombardo
Regione Lombardia in attuazione della L 112/2016 a giugno 2017 ha approvato con la Dgr n. 6674 il programma operativo regionale per la realizzazione degli interventi a favore di persone con disabilità grave prive del sostegno famigliare - Dopo di Noi, disciplinando l’impiego dei primi 15 milioni di risorse destinate al nostro territorio nel 2016 (ex DM 23/11/2016).
Ricordiamo che complessivamente per il triennio 2016/2018 sono stati assegnati a Regione Lombardia circa 30 milioni (il 16,7% delle risorse nazionali) così distribuiti: 15 (2016); 6,4 (2017); 8,5 (2018).
Il programma regionale ha ripartito i primi 15 milioni tra i 98 ambiti territoriali in base alla popolazione residente compresa nella fascia di età 18-64 anni e ha indicato tale criterio di ripartizione anche per i 6,4 milioni del 2017.
I destinatari degli interventi previsti dal programma, in coerenza con la legge nazionale, sono le persone con disabilità grave ai sensi dell’art. 3, comma 3 della L 104/1992, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, di età compresa tra i 18-64 anni con priorità a cluster specifici a seconda del tipo di sostegno. Tali persone inoltre devono essere prive del sostegno famigliare in quanto: mancanti di entrambi i genitori, i genitori non sono in grado di fornire l’adeguato sostegno genitoriale, si considera la prospettiva del venir meno del sostegno familiare. In aderenza ai criteri stabiliti dal DM all’art 4., vengono specificati, inoltre, gli aspetti su cui valutare la priorità di accesso.
Per ciascuna situazione il percorso di presa in carico prevede di effettuare la valutazione mediante l’attivazione di equipe multi professionali istituite presso le ASST, utilizzando le scale ADl, IADL integrate con la valutazione sociale sul contesto relazionale e di qualità della vita; di predisporre un progetto individuale in cui vengono definiti gli obiettivi, gli interventi necessari, i tempi di realizzazione, le risorse necessarie; l’identificazione della figura di case manager che affianca la persona nel progetto, monitorandolo e valutandone l’andamento.
Gli interventi previsti nel programma operativo sono di due tipi:
Infrastrutturali (assegnate il 43% delle risorse):
- eliminazione barriere, messa in opera impianti, adattamenti domotici;
- Sostegno al canone di locazione e/o spese condominiali.
Gestionali (assegnate il 57% delle risorse):
- Sostegno a percorsi di accompagnamento verso l’autonomia
- Interventi di supporto alla domiciliarità
- Sostegno al ricovero in situazioni di emergenza
In generale, la Regione ha stimato 3.597 persone potenziali beneficiarie di tali sostegni, di cui il 61% frequentanti servizi diurni sociali (SFA e CSE), il 31% nei servizi diurni sociosanitari, a basso bisogno di protezione (CDD, classe SIDI 5) e il restante 8% assistite esclusivamente dalla famiglia.
Come indicato nel programma, gli Ambiti territoriali, individuati come i soggetti attuatori degli interventi, hanno predisposto le Linee operative per la programmazione e realizzazione a livello locale e aperto gli avvisi pubblici per consentire l’accesso ai sostegni. Il primo a scadenza 31 ottobre 2017 e, considerato l’avanzo di risorse disponibili, il secondo a scadenza 31 marzo 2018. Nel corso del 2018 sono partiti i primi progetti.
Recentemente sono stati diffusi i primi dati regionali riferiti alle istanze che sono state presentate con il primo bando di ottobre 2017, in base alle rendicontazioni presentate dagli Ambiti alla propria ATS di appartenenza territoriale (fonte: debito informativo Assessorato, Politiche Sociali, abitative e disabilità). I dati disponibili riguardano 7 ATS – manca la rendicontazione degli ambiti afferenti alla ATS Val Padana.
La fotografia del “Beneficiario 112”
Le persone e le famiglie che risultano essere le principali beneficiarie delle risorse attivate dalla Legge 112 sembrano avere un profilo differente da quello descritto dalla stessa legge. La descrizione “Persone con grave disabilità prive del sostegno familiare” evoca infatti immagini di persone con disabilità che richiedono un forte sostegno, con alle spalle già una lunga convivenza con i propri familiari, di età adulta/anziana. Persone interessate a trovare, in tempi rapidi, una alternativa all’inserimento in una struttura residenziale a alta protezione, in vista del venir meno della capacità dei genitori di garantire loro l’assistenza personale di cui necessitano.
L’identikit del “Beneficiario 112” che emerge dai primi dati disponibili sui progetti in atto è bene diverso: assomiglia di più a una persona con disabilità giovane/adulta, con un bisogno di sostegno forte ma anche buone autonomie, che vive una condizione di stabilità, sia in famiglia che nella vita sociale (spesso all’interno di circuito socio assistenziale o sociosanitari). Una persona che insieme ai suoi familiari, richiede di partecipare a esperienze di vita fuori casa in vista di un progetto di vita autonomo, ma dai tratti e dai tempi ancora non definiti.
Le persone valutate con il primo bando di ottobre 2017 risultano 700, di cui 614 prese in carico. Delle persone prese in carico, il 52,6% risulta avere tra 30-49 anni, il 28,8% tra 19-29 anni e il 18,4% tra 50-64 anni. Rispetto alla tipologia di disabilità, il 35,2% risulta affetto da ritardo mentale e il 27,5% risulta avere una sindrome congenita su base cromosomica (Sidrome di Down). Considerando il punteggio delle ADL: il 73,4% risulta avere un grado dipendenza basso, dunque buone autonomie.
Per quanto riguarda il contesto famigliare: solo il 9,9% delle persone prese in carico risulta essere solo, senza famigliari, il 12,5% risulta essere seguito da altri famigliari, il 77,5% risulta avere il padre e/o la madre. La principale tipologia di sostegno attivata, come emerge dalla tabella sottostante, riguarda i percorsi di accompagnamento all’autonomia (70%), che prevedono l’erogazione di un voucher annuale di 4.800 euro + ulteriori 600 euro da utilizzare per il sostegno alla famiglia.
Questa fotografia che emerge, non è esattamente una sorpresa, anzi un risultato per certi versi prevedibile, per una serie convergente di ragioni. Le persone con disabilità adulte/anziane sono parte della prima, forse seconda ondata, di famiglie che a partire dagli anni Ottanta ha rifiutato in massa l’istituzionalizzazione precoce, abbandonando le scuole speciali, frequentando le scuole comuni e poi rimanendo in carico alle famiglie con il supporto di servizi e interventi sociali (in particolare i centri diurni). Questi nuclei familiari sono stati destinatari oltre che di misure specifiche “in favore della permanenza a domicilio” anche di un mandato sociale basato sull’assunto che il miglior luogo di vita fosse la propria famiglia di origine. A distanza di decenni, è difficile pensare che queste relazioni possano modificarsi o risolversi solo a seguito dell’approvazione di una legge.
A questo si aggiunga che il dispositivo di applicazione della “112” prevede un forte investimento progettuale non sempre alla portata di nuclei familiari che spesso si definiscono stanchi. Per le persone e le famiglie più giovani la non istituzionalizzazione e la presa in carico dell’assistenza non hanno rappresentato una scelta ma piuttosto un dato di fatto. Si tratta di persone con disabilità e famiglie per cui parole come autonomia e indipendenza hanno un significato concreto e che, anche per motivi anagrafici, hanno maggiori disponibilità ad investire energie e risorse su un progetto anche a medio e lungo termine. Senza fretta e senza urgenza, però.
Inoltre, la decisione di non modulare il contributo in base al bisogno di sostegni ma di prevedere una misura “flat” uguale per tutti (4.800 euro + 600 euro) penalizza ovviamente le persone che necessitano di maggiore assistenza rispetto agli altri. Questa popolazione è anche quella che potrebbe maggiormente risentire del fatto che, in ogni caso, ci troviamo di fronte a fondi non stabilizzati ma che vengono definiti anno per anno.
Questo ampio gruppo di persone ha quindi preferito avviare il suo percorso verso la propria vita adulta e autonoma dalla famiglia di origine, attraverso la partecipazione a esperienze di sperimentazione, di preparazione piuttosto che di vero e proprio distacco dai genitori.
Un altro dato che balza all’occhio riguarda il mancato utilizzo di tutti i fondi disponibili: un apparente paradosso per una legge che, spesso, viene considerata sotto finanziata rispetto alle reali esigenze. Il monitoraggio regionale ha rilevato che le risorse 2016 impegnate corrispondono al 64% dei fondi; mentre le risorse 2017 impegnate risultano il 24%. Si tratta sicuramente di una situazione che risente del tempo di rodaggio e di implementazione di una nuova legge che richiede anche nuovi dispositivi regionali e locali e la strutturazione di un proprio iter amministrativo. I dati degli utilizzi degli ultimi mesi, in crescita, potrebbero sostenere una tesi di questo tipo. Ma certamente la miglior implementazione della norma nei prossimi mesi richiede di prevedere adeguate campagne e iniziative di informazione, sensibilizzazione e accompagnamento delle persone con disabilità e dei loro familiari verso scelte impegnative sotto diversi punti di vista. Anche il meccanismo del “Bando” rispetto alla modalità “Sportello”, rende più difficile la presentazione delle richieste e rischia di limita anche l’attivazione dei servizi sociali nei confronti delle persone e delle famiglie potenzialmente interessate.
Sarebbe anche auspicabile che, in fase di valutazione multidimensionale, ci si preoccupasse di far emergere in modo chiaro i bisogni, desideri e preferenze della persona con disabilità in ordine alla propria vita, sapendoli distinguere da quelli (legittimi) dei familiari e degli operatori di riferimento. Un’operazione necessaria per la definizione di progetti di intervento che, se figli della volontà della persona, avranno certamente migliori possibilità di successo. Anche per questo motivo sarebbe auspicabile che in tutti gli Ambiti della Regione la Valutazione multidimensionale fosse collocata dopo la selezione delle richieste di finanziamento, come primo passo di una effettiva progettazione “esecutiva” del desiderio di autonomia della persona con disabilità.
Mancano invece all’appello percorsi di de istituzionalizzazione i quali sono possibili, con tutta evidenza, solo a seguito di una serie di azioni proattive di informazione e sensibilizzazione che devono veder coinvolte le persone con disabilità, i loro familiari ma anche gli operatori dei servizi e i loro enti gestori.
Sullo sfondo, guardando al futuro, è necessario porsi la domanda su cosa sarà dei tanti progetti sperimentali comunque avviati al termine del biennio di lavoro, sostenuto dai fondi della 112: quante persone fra queste avranno la volontà e la possibilità di iniziare a vivere in una nuova casa, una casa propria diversa da quella dei propri familiari?