Barriere nelle case: regole controverse
Regione Lombardia, con la DGR 1506, ha stanziato fondi per abbattere le barriere architettoniche negli edifici privati. Ma non mancano le criticità.
Quali sono gli esiti delle nuove regole per la richiesta di fondi per l'abbattimento delle barriere negli edifici privati, introdotti dalla DGR 1506? Al termine della fase di presentazione delle domande, emerge il problema della differenza di trattamento in base alla data della presentazione della domanda ma anche questioni, forse minori, sull'utilizzo dell'ISEE e del grado e tipologie di disabilità come criteri per l'erogazione dei contributi.
Il 10 settembre sono scaduti i termini di presentazione delle domande di contributo per l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati, così come previsto dalla DGR 1506, approvata dalla Giunta Regionale il 13 marzo 2014. Nei prossimi mesi dovrebbe essere possibile conoscere gli esiti concreti di questo atto, anche in termini di numero di domande presentate e di richieste approvate, dato che l'iter amministrativo prevedeva che i Comuni pubblicassero l'elenco delle richieste entro il 10 ottobre e che entro il 15 dicembre la Regione verifichi la regolarità delle domande e definisca le graduatorie.
In questa fase è però possibile cominciare a mettere in luce alcuni punti critici emersi nella fase di diffusione di questa opportunità, come in quella di presentazione delle domande, ricordandosi sempre che di opportunità si tratta, essendo una Delibera che stanzia risorse destinate ad un fine importante come quello dell'abbattimento delle barriere nelle case dove vivono persone con disabilità.
In linea generale i problemi sono sorti principalmente nel diverso trattamento riservato alle richiesta di contributo in base alla data di presentazione della domanda. In subordine sono emerse alcune perplessità sui tempi di presentazione delle domande (3 giugno - 10 settembre) e sui criteri utilizzati per determinare le graduatorie (Isee e il grado e la tipologia di menomazione). Infine possono emergere ulteriori questioni inerenti il linguaggio utilizzato in alcuni passaggi (con un insistente riferimento ai "diversamente abili") ed al fatto che la consultazione preliminare sul provvedimento sia avvenuta con le sole associazioni aderenti alla FAND.
La legge 13/1989, oltre a definire le norme per la progettazione dei nuovi edifici privati, ha istituito un "Fondo speciale per l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche" che è stato finanziato in modo discontinuo, fino al 2004. La Regione Lombardia, sin dal 1989, con una propria Legge regionale, ha previsto la possibilità di integrare questo Fondo. Così negli anni il contributo regionale ha di fatto sostituito quello statale, progressivamente venuto meno, mantenendo le stesse modalità di erogazione.
Si tratta di finanziamenti complessivamente mai adeguati al bisogno: i contributi sono sempre arrivati agli aventi diritto con un ritardo di alcuni anni rispetto al momento in cui si era sostenuta la spesa. La stessa Regione Lombardia dichiara come, nel giugno 2014, le domande inevase fossero 2250 per il solo biennio 2011 - 2012. Stime di organizzazioni di terzo settore valutano in circa 17 milioni Euro le risorse necessarie per rispondere a tutte le richieste giacenti, ad oggi.
In questo contesto il Consiglio regionale, con la Legge Regionale 5 del 31 luglio 2013, ha modificato la sua legge del 1989, introducendo nuovi criteri per la selezione dei beneficiari per l'assegnazione dei contributi erogati dalla Regione in tema di abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati: criteri che fanno riferimento alla situazione economica delle famiglie ed alla gravità della condizione di disabilità.
Con la DGR 1506 la Giunta Regionale da concreta attuazione a questa prescrizione regionale.
La Giunta riconosce che vi sia un problema di "arretrato" nell'erogazione dei contributi per l'abbattimento delle barriere nelle case e per questo motivo stanzia 4.200.000 euro con le quali rispondere alla domande inevase ancora dal 2011 e ad una parte di quelle del 2012: 1.048 domande su 2.250. La DGR, dando concreta attuazione alla nuova Legge regionale, apre una nuova procedura per la richiesta di contributi, parallela e diversa da quella statale.
A questa nuova procedura non vengono ammesse le richieste di contributo già presentate secondo la normativa nazionale. Per le nuove domande, invece i richiedenti devono scegliere in che "modalità" (se nazionale e regionale) presentarla.
Qui si pone la prima evidente criticità.
Si crea una situazione di oggettiva differenza di trattamento in base al solo requisito della data di presentazione della domanda. Stante l'assenza di prospettive di rifinanziamento del Fondo nazionale, le persone e le famiglie in attesa di ricevere il finanziamento, alcune da oltre due anni, non avranno la realistica possibilità di essere soddisfatte. Al contrario chi avesse presentato la richiesta nel corso della scorsa estate vedrà aumentare la possibilità di ricevere una risposta positiva.
Una situazione che ha già determinato alcune iniziative locali pubbliche di denuncia del forte disagio posto nella vita di tutte le famiglie coinvolte. Un disagio accentuato dal fatto che i tre mesi di tempo di presentazione delle domande coincidendo con il periodo estivo hanno complicato di molto la vita a chi doveva preparare la documentazione richiesta.
Bene sarebbe stato, prima di avviare la nuova modalità regionale, prevedere e garantire in tempi certi la risposta a tutte le richieste arretrate secondo la normativa nazionale e quindi valutare la possibilità di ampliare comunque il tempo di presentazione delle domande.
Le perplessità sul contenuto del nuovo provvedimento non si fermano però a questo fondamentale punto ma riguardano altri passaggi, fondamentali.
Tra le "prove dei mezzi" richieste per accedere al contributo e determinare la graduatoria che stabilirà chi riceverà effettivamente le risorse fa la sua comparsa l'ISEE. La condizione di ricchezza/povertà può essere un criterio legittimo ed equo per attribuire o meno le risorse pubbliche, soprattutto in un momento di crisi delle finanze pubbliche. Appare altrettanto legittimo pensare al riferimento dell'Isee "familiare", trattandosi di un beneficio schiettamente sociale e non connesso a prestazioni di carattere assistenziale. Una scelta legittima, forse vincolante, perché prevista dalla normativa regionale, ma che sarebbe forse opportuno rimettere in discussione stante la modestia delle risorse in gioco, rispetto all'insieme del bilancio regionale, e del fatto che tutte le ricerche concordino nell'individuare la disabilità come un fattore di impoverimento per tutte le famiglie coinvolte.
Ma il problema principale che si pone oggi è di definire di quale Isee stiamo parlando. La DGR dà per scontato che il cosiddetto nuovo ISEE (Dpcm 159/2013) sia immediatamente operativo mentre così, notoriamente, non è. Nonostante i ripetuti annunci manca ad oggi il nuovo formato della DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica). Inoltre la DGR regionale sembra dimenticarsi che in Lombardia è stata approvata la legge che istituisce il Fattore Famiglia Lombardo e che l'intera materia è frutto di approfondimento da parte di un gruppo di lavoro tra la setssa Regione ed Anci, istituito presso la DG Famiglia. Prudenza avrebbe voluto meglio approfondire, anche dal punto di vista legale, la questione per evitare la situazione di incertezza ingenerata e che potrebbe essere stata risolta in modo diverso a seconda del Centro di Assistenza Fiscale contattato dalle famiglie.
Un ultimo aspetto sostanziale di critica riguarda l'utilizzo della "gravità della disabilità accertata" come ulteriore criterio di selezione dei beneficiari. Anche in questo caso si tratta di un criterio che la norma impone alla Giunta. In linea generale bisognerebbe verificare in che misura la percentuale d'invalidità indichi il grado di bisogno di un intervento di rimozione di una barriera. Si potrebbe tranquillamente affermare che in alcune situazioni possa essere più la tipologia della barriera e la sua collocazione a determinare il grado di difficoltà nella vita delle persona che non il grado di invalidità. Ma, a sollevare perplessità non è quanto previsto dalla norma ma la sua implementazione. Infatti si prevede un punteggio determinato dalla percentuale di invalidità a cui si prevede un punteggio aggiuntivo sia in caso di "pluriminorazione" che in caso di disabilità sensoriale. Mentre il criterio di avere maggiore attenzione alle persone con pluriminorazione sembra essere coerente con quello generale appare francamente incomprensibile il "premio" in termini di punteggio riconosciuto alle domande presentate da parte di persone con disabilità sensoriali.
Questo passaggio apre la porta alla segnalazione di alcuni problemi, di natura non certo sostanziale, ma per questo meno significative. Dal testo della DGR 1506 si evince che il testo sia stato redatto anche a seguito della consultazione del Coordinamento della Lombardia della FAND, che raduna le associazioni ANMIC, ANMIL, ENS, UICI e UNMS. Ora è noto a tutto gli addetti ai lavori che queste, pure grandi organizzazioni, rappresentano una parte del mondo della disabilità. L'altra grande federazione è la FISH, rappresentata in Lombardia da LEDHA. In genere sono queste le federazioni presenti a tutti i tavoli di consultazione a livello nazionale quanto a livello regionale. Federazioni che vengono spesso affiancate, a seconda delle tematiche, da realtà più specifiche, magari di carattere più tecnico, in grado di garantire, nel loro insieme, un flusso di informazioni adeguato per calibrare al meglio l'attività di governo.
Nel caso specifico sarebbe stato interessante, ad esempio, sentire il parere dei rappresentanti del CRABA (Comitato Regionale Abbattimento Barriere Architettoniche) che raduna un variegato mondo di operatori espressione dell'associazionismo locale quanto di una parte del mondo sindacale attivo fino dagli anni '80 sul tema. Un momento di ascolto che avrebbe potuto riguardare anche alcune categorie professionali, in primis gli architetti, tra cui vi sono in Lombardia esponenti di spicco di livello nazionale sulla progettazione accessibile.
Un'attività di ascolto e di confronto che non avrebbe certo impedito alla Giunta regionale di sviluppare la sua azione ma che, al contrario, avrebbe permesso di renderla più efficace mettendone in risalto gli aspetti più significativi ed evitando le situazioni di criticità già in gran parte espresse, tra cui, in chiusura, ci limitiamo a segnalare l'ultima. Forse la meno importante dal punto di vista pratico ma non da quello culturale. Il ricorso alla definizione "Diversamente abile" non è previsto da alcuna normativa regionale, nazionale o internazionale: il suo utilizzo è stato più volte rigettato dalla grandissima parte del movimento associativo, in tutte le sue componenti e certamente in quelle più significative.
L'auspicio è che per il prossimo futuro si possa pensare ad una programmazione complessivamente più efficace, capace di restituire certezza alle persone con disabilità ed alle loro famiglie, almeno in tema di accessibilità della propria casa.
Giovanni Merlo