Questo sito utilizza cookie. Proseguendo la navigazione si acconsente al loro impiego in conformità alla nostra Cookie Policy.
Informativa estesa         

Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

11 Giugno 2014

Osservazioni LEDHA alle linee guida riforma terzo settore

di Franco Bomprezzi

Soddisfazione per gli intenti espressi nel documento. E una preoccupazione: il principio della "libera scelta" (ovvero i voucher) come cardine per il nuovo welfare.

Le "Linee guida per una riforma del Terzo Settore" prefigurano un intervento molto significativo ed incisivo, che potrà consentire una migliore valorizzazione di quanto già oggi la "parte migliore della società" esprime e realizza, sia in termini di idealità che di attività concrete. Analogamente alle valutazione espresse da FISH e dal Forum Terzo Settore, anche LEDHA esprime la sua soddisfazione per le intenzioni presenti ed espresse nel documento.

I principi che lo ispirano sono i principi che ispirano le nostre azioni, come quelle di gran parte delle organizzazioni di terzo settore che conosciamo e con cui collaboriamo attivamente. Alcune delle previsioni espresse, a partire dalla stabilizzazione della normativa del 5 per mille e dell'universalismo del servizio civile, raccolgono istanze da tempo promosse dalle nostre organizzazioni. Proprio questa valutazione, complessivamente positiva, ci spinge a partecipare a questo dibattito, identificando alcune criticità che, se non affrontate in modo adeguato, potrebbero metter in discussione il valore dell'azione riformatrice.

Come già segnalato dalla FISH a livello nazionale, siamo sinceramente preoccupati dell'inserimento all'interno delle linee guida, al principio della "libera scelta" come elemento cardine su cui poggiare lo sviluppo del welfare sociale italiano e della conseguente adozione del "voucher" come strumento prevalente di intervento.
Proprio alla luce della più che decennale esperienza lombarda, che ha fatto di queste principi i capisaldi della sua azione di politica sociale, ci permettiamo di esprimere le nostre preoccupazioni.

Innanzitutto riteniamo che le scelte di indirizzo della politica sociale italiana non debbano essere inserite all'interno del processo di riforma del terzo settore ma meritino e richiedano un proprio specifico percorso riformatore. Il Terzo Settore non esaurisce il tema della politica sociale e, nello stesso tempo, ha un orizzonte molto più vasto di azione che comprende lo sviluppo sociale a 360 gradi, comprendente la socialità, la proposta culturale, l'animazione sportiva ecc.

E' comunque molto significativo ed apprezzabile che le linee guida di riforma del Terzo Settore esplicitino come nel campo sociale, il Terzo Settore nel suo complesso possa e debba giocare il suo ruolo non solo (e non tanto) nella gestione dei servizi quanto nel contribuire alla migliore programmazione degli interventi, tanto a livello locale quanto in quello regionale e nazionale.
In questo contesto crediamo sia opportuno precisare come il rinnovato protagonismo delle nostre organizzazioni non possa far venir meno, in nessun caso, alle responsabilità delle istituzioni pubbliche e dell'intera collettività nei riguardi dei diversi fenomeni di disagio sociale connessi alle condizioni di diseguaglianza e di discriminazione determinati dall'attuale assetto sociale, economico e culturale.

Tra le funzione pubbliche non "derogabili" e non "esternalizzabili" sarà opportuno ricordare il dovere, in capo agli enti locali, della presa in carico globale e continua delle persone con disabilità. Una presa in carico, che chiami a raccolta le istituzioni pubbliche come quelle sociali e civili a mettere le proprie risorse e competenze a servizio delle esigenze e dei diritti delle persone, per promuoverne l'inclusione sociale e la vita attiva.
Proprio l'esperienza lombarda ci racconta come la riduzione di questo complesso e delicato compito alla "libertà di scegliere a quale servizio accedere" presti il fianco ad esiti paradossali che rinforzano la situazione di bisogno e dipendenza e deprimano le potenzialità della persona (ridotta al rango di utente - consumatore), della sua famiglia e della sua comunità di appartenenza.

Se di politica sociale bisogna parlare, crediamo sia opportuno ribadire che il ruolo del Terzo Settore dovrà essere sempre di più quello di promotore di spazi e di occasione di inclusione, di sostegno ad una forte personalizzazione degli interventi rivolti alla persona che ne permettano il riconoscimento sociale come essere umano e non come "portatore di problemi".
In questo contesto auspichiamo che ogni riferimento al principio di libera scelta ed allo strumento del voucher possa essere sostituito da precise previsioni circa il ruolo delle organizzazioni di Terzo Settore nei processi di promozione del protagonismo della persona, con e senza disabilità, nella elaborazione e realizzazione degli interventi sociali che la riguardano. Una previsione che potrebbe lasciare aperte una molteplicità di azioni possibili da parte di associazioni, fondazioni, cooperative ed imprese sociali.

Crediamo infatti che la natura e la stessa nostra identità non possa essere declinata dalle azioni ed attività che potremo o non potremo realizzare ma piuttosto dal "Perché" le promuoviamo e dal "Come" le realizziamo: il punto di osservazione sulla sfera dei diritti di cittadinanza: ossia il punto di osservazione della "persona", al centro di qualsiasi possibile riforma.

Condividi: Facebook Linkedin Twitter email Stampa