La delicata questione degli insegnanti di sostegno
Le riflessioni di Donatella Morra riguardo alle recenti dichiarazioni del Dirigente dell'Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, Giuseppe Colosio
Abbiamo letto e ascoltato sulla stampa e in radio le dichiarazioni del Dirigente dell'Ufficio Scolastico regionale della Lombardia Regionale: finalmente c'è chi difende il diritto inalienabile dell'alunno con disabilità a frequentare la scuola di tutti!
Il Dott. Colosio ha dichiarato che gli studenti con disabilità hanno bisogno di personale specializzato, lamentando il fatto che le graduatorie provinciali ad esaurimento per il sostegno sono prosciugate prima ancora dell'inizio dell'anno scolastico e che si trova costretto ad assegnare a personale non specializzato i posti in deroga, richiesti a più riprese dai Dirigenti Scolastici e dalle famiglie nei primi mesi dell'anno scolastico (iniziato per alcuni alunni senza alcun supporto scolastico o con un orario di sostegno dimezzato rispetto all'anno precedente).
Siamo pienamente d'accordo: è da anni che le Associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie lamentano la carenza di insegnanti adeguatamente preparati ad assumere il delicatissimo ruolo dell'insegnante di sostegno, così come è prefigurato dalla legislazione, che ne ha delineato con precisione caratteristiche e competenze.
Ma chi avrebbe dovuto vigilare perché i docenti venissero adeguatamente formati e il loro numero corrispondesse al bisogno?
Proprio il Ministro dell'Istruzione, i Dirigenti e gli Ispettori Ministeriali, che avrebbero dovuto esercitare una funzione di controllo sul proliferare di corsi di perfezionamento, in presenza e a distanza, autorizzati dal Ministero ma senza alcuna supervisione né in fase progettuale, né in fase esecutiva, né tantomeno a posteriori sui risultati raggiunti in termini formativi.
Recentemente poi il blocco da parte del Ministro Gelmini delle scuole di specializzazione "sforna-precari" e, contestualmente, dell'anno di specializzazione per l'insegnamento di sostegno ha aggravato la situazione, accentuando proprio la precarizzazione della figura dell'insegnante di sostegno, di cui annualmente cresce il bisogno.
Ma Colosio adduce anche un'altra argomentazione, che ci sentiamo di sottoscrivere pienamente: non è giusto affidare l'onere (e l'onore, aggiungiamo noi!) dell'integrazione scolastica ai soli docenti di sostegno. A Corriere.it , prima dell'inizio dell'anno scolastico, egli ha dichiarato: «Le cose vanno viste nella loro complessità: gli studenti disabili possono contare non solo sugli insegnanti di sostegno, ma su tutti gli altri, docenti e non» (clicca qui per vedere il riferimento )
All'indomani della sentenza del 10 gennaio 2011 del Tribunale Ordinario di Milano, che ha accolto il ricorso collettivo di trenta genitori, sostenuti da LEDHA, contro il taglio delle ore di sostegno, ritenuto discriminatorio, sulla base della L. 67/06 e in nome della sentenza 80/2010 della Corte Costituzionale (che ha ripristinato le deroghe per gli alunni in situazione di gravità "senza se e senza ma"), il Direttore dell'Ufficio Scolastico della Lombardia non ha più parlato di carenza di personale specializzato ma ha affermato :" E' una sentenza che ci ha sorpreso perché parla di discriminazione, ma la discriminazione non c'é. La politica dell'ufficio scolastico regionale, di quello provinciale e delle scuole è "attuare l'integrazione al cento per cento dei disabili nella scuola". Secondo il dirigente dell'Ufficio scolastico della Lombardia, a questo proposito, c'é "troppa confusione" tra la figura dell'insegnante di sostegno, "che non è un insegnante per l'alunno disabile ma per la classe nella quale è inserito lo stesso", e l'assistente ad personam, "questa sì dedicata al singolo alunno con problemi di disabilità. Molto spesso questa confusione di ruoli porta a risultati che non sono positivi".
( clicca qui per vedere il riferimento ).
In un'intervista a Radio24 ha aggiunto che questa sentenza rischia di avere effetti controproducenti per gli stessi studenti disabili, perché "stressare la questione solo sull'IS vuol dire sostanzialmente che l'alunno disabile è diverso totalmente dagli altri. In realtà la legge sull'integrazione ha previsto che egli sia integrato nella scuola, cioè prima di tutto ha gli insegnanti di tutti i suoi compagni, ha l'ambiente scolastico. Allora se io dico: ho bisogno di avere l'insegnante perchè lo tenga in qualche modo custodito, accompagnato, rischiamo di dire che l'alunno disabile se ne sta in classe con il suo insegnante ma separato dal resto dell'attività o addirittura sta fuori dalla classe, come in alcuni casi succede. Vuol dire che dobbiamo reistituire di nuovo le scuole speciali? Il paradosso, sul quale c'è la resistenza, è che tutto questo porterà a reistituire le scuole speciali, cioè l'alunno disabile non riesce a stare in classe". (Per visionare l'articolo a cui si fa riferimento clicca qui)
Come Associazioni di persone con disabilità ci siamo sempre espresse con chiarezza sul vero significato da attribuire alle parole "integrazione" o "inclusione", sulla necessità della presa in carico dell'alunno disabile da parte di tutta la comunità scolastica, non solo quindi dell'insegnante di sostegno, troppo spesso unica risorsa messa in campo e identificata inevitabilmente dagli alunni e dalle loro famiglie come unica ancora di salvezza e come unico supporto in mezzo alla carenza generalizzata di risorse, mezzi, ausili e strutture, ma anche all'assenza di flessibilità, di capacità organizzativa e disponibilità al cambiamento delle istituzioni scolastiche.
Il Dott. Colosio farebbe bene a fare un giro in più nelle scuole della Lombardia e a verificare come venga attuata "l'integrazione al 100%" dei disabili nella scuola: classi sovraffollate (anche le classi prime, che non dovrebbero eccedere i 20 alunni in presenza di un alunno con disabilità, in ottemperanza al Decreto Legge 81/09, art. 5, comma 2); più alunni disabili concentrati nella stessa classe ( più di 4 in molti Istituti secondari), a seguito dell'abolizione ad opera della "riforma" Gelmini del D.M.141/99, che poneva un limite di due alunni disabili, se non gravi; mancata attivazione dei Gruppi di istituto e di classe per l'integrazione, che dovrebbero coinvolgere le famiglie; carenza di un'efficace e autentica programmazione per l'integrazione: il PDF (Profilo Dinamico Funzionale) e il PEI (Piano Educativo Individualizzato) spesso non vengono fatti oppure sono pure formalità, cui non corrispondono una coralità di intenti e collaborazione tra quanti dovrebbero occuparsi della loro realizzazione, ovvero tutti gli insegnanti della classe , e non solo l'insegnante di sostegno, le figure sanitarie, gli educatori assegnati dagli Enti Locali, la famiglia e anche, se presenti, gli assistenti di base (v. bidelli); più alunni non disabili con disturbi dell'attenzione, dell'apprendimento e del comportamento o "solamente" non italofoni.
A ciò si aggiunge la scarsa formazione sulle tematiche e le metodologie dell'integrazione (sia iniziale, sia in itinere, il cosiddetto "aggiornamento") non solo degli insegnanti di sostegno, ma anche dei dirigenti e degli insegnanti di classe, che oggi hanno spesso nelle loro classi anche per tre quarti dell'orario scolastico un allievo disabile (visto che ai gravi assegnano al massimo mezza cattedra, ovvero 11 ore alle primarie e 9 alle secondarie) e sono per lo più totalmente impreparati a gestire da soli, anche per un numero esiguo di ore, alunni con disabilità, soprattutto se grave o complessa. La formazione da anni non è più obbligatoria e come Associazioni chiediamo da molto tempo che torni tale, affinché l'integrazione sia, nei fatti e non a parole, responsabilità di tutta la comunità scolastica (docenti curricolari, docenti di sostegno, assistenti di base) insieme agli operatori sanitari, alle famiglie e agli assistenti alla persona assegnati dagli Enti Locali.
Se poi alle criticità che riguardano direttamente l'Amministrazione Scolastica si aggiungono i comportamenti degli Enti Locali (Comuni e Province), che dovrebbero garantire i servizi di assistenza educativa e di trasporto, di supporto organizzativo all'integrazione scolastica, e invece li negano, si rimpallano le competenze(nel caso delle scuole superiori) o avanzano proposte di compartecipazione alle spesa, nonostante si tratti di diritti soggettivi (su cui la sentenza 2361/2008 si è espressa a chiare lettere), si ha un'idea di quanto accidentata sia per gli alunni disabili e le loro famiglie la strada della vera integrazione.
Discriminare vuole dire negare pari opportunità: se ci fossero le pre-condizioni per l'inclusione qualsiasi bambino con disabilità, e con lui la sua famiglia, preferirebbero di gran lunga non sentir parlare di sostegno individuale, ma di intervento individualizzato (che è altra cosa e dovrebbe essere attivato per tutti gli alunni), non essere considerati "appendice"dell'insegnante di sostegno, ma fruire solo della sua competenza per fare rete tra tutti coloro che intervengono su di lui, rimanere in classe con i compagni per emozionarsi, apprendere, relazionarsi e comunicare con loro, al posto di finire sempre e comunque per troppe ore dell'orario scolasticoin un'aula di sostegno (detta spesso eufemisticamente e impropriamente "laboratorio") sempre e soltanto con altri alunni con disabilità.
Dov'è poi la flessibilità organizzativa di cui parlano le Linee Guida Ministeriali? Dove realmente vengono attivati le classi aperte, i lavori di gruppo (sempre meno realizzabili, soprattutto alla luce dei tagli delle ore di compresenza dei docenti), la peer education?
Dare a un alunno qualche ora di sostegno in più, quando non gli si offre altro, non vuol dire "restituire le scuole speciali". Tutt'altro!
Discriminazione diretta si ha quando non si fanno leggi antidiscriminatorie, discriminazione indiretta (più sottile e insidiosa) si ha quando le leggi ci sono, ma non si applicano, come avviene in Italia, in cui una buona legislazione per l'inclusione scolastica è troppo spesso disattesa o incensata solo a parole.
La responsabilità di tutto questo è solo di docenti fannulloni o opportunisti, di genitori degli alunni che ricorrono in sede legale per "rubare" all'Amministrazione Pubblica e alla collettività in tempi di crisi qualche ora in più di insegnante di sostegno?
"Il Dirigente scolastico è il garante dell'offerta formativa che viene progettata ed attuata dall'istituzione scolastica: ciò riguarda la globalità dei soggetti e, dunque, anche gli alunni con disabilità" (da Linee Guida per l'Integrazione, III Parte, art. 1.1.)
Dovrebbero allora, i dirigenti scolastici e, con loro, i Dirigenti Ministeriali, vigilare sull'attuazione piena della legislazione italiana, che ha parlato a tutti noi di diritto pieno e incondizionato dell'alunno disabile a frequentare la scuola di tutti.
Donatella Morra - Referente LEDHA Scuola