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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio opinioni

2 Novembre 2010

RSD : luci ed ombre a 10 anni di distanza …….

di Michele Imperiali – DG Fondazione R.Piatti onlus Varese

Michele Imperiali porta il suo contributo al dibattito iniziato da LEDHA sulle Residenze Santitario assistenziali per persone con disabilità

Colgo anche se con un po' di ritardo l'assist lanciato da Giovanni Merlo per allargare il ragionamento avviato sul bisogno di ripensare le RSD
Devo dire che le tesi di fondo abbracciate dagli amici della Ledha non mi convincono fino in fondo a cominciare dal ricondurre le dimensioni ( capienza ) di queste strutture alle logiche dei vecchi istituti. Non penso che i problemi siano questi e tanto meno che sia il numero di persone e la grande struttura a determinare i rischi dell'istituzionalizzazione, della non inclusione e più in generale di una non buona qualità di vita. E' come dire che in un piccolo albergo si sta meglio che in uno molto grande. Per esempio se mi si chiedesse di scegliere se vivere a Stresa in una piccola pensioncina o al Grand Hotel Regina Palace non avrei dubbi. La differenza è solo di portafoglio. Questo per dire che i fattori che possono fare di una RSD una buona o pessima abitazione sono esattamente quelli che possono determinare la qualità di vita in una Comunità Alloggio da 10 porti .

Provo per sommi capi ad elencare i miei punti di vista:

1) Sono fermamente convinto , a 10 anni di distanza dalle prime sperimentazioni che hanno definito la nuova unità di offerta RSD ( il nostro CRH era tra le strutture scelte per tale scopo ) che la Regione Lombardia abbia fatto benissimo a definire gli standard strutturali e organizzativi per tutte le unità di offerte per persone con disabilità ; indiscutibilmente a questa riforma va dato merito di aver cercato di mettere ordine ad un sistema fortemente squilibrato consentendo in molte circostanze un grande salto di qualità a favore della dignità umana che la sregolatezza dei vari servizi metteva sovente a repentaglio. Devo dire che qualcosa del genere esiste ancora in tutta quella rete informale di servizi che hanno preso le distanze e/o non hanno voluto saperne di adeguarsi al sistema di accreditamento. Aver definito le regole valide per tutti i gestori di servizi ha permesso prima di tutto di far venire alla luce dati quantitativi e qualitativi fina al quel momento inesistenti e il superamento del mercato " fai da té " che sia per eccessivo buonismo sia per interessi tendevano a personalizzare i servizi partendo dal presupposto che tanto nessuno gli avrebbe mai chiesto costo. L'imposizione di requisiti strutturali e gestionali , la codifica del debito informativo e l'attività di controllo hanno consentito sicuramente un salto in avanti rispetto alla pericolosa cultura della sola autoreferzialità

2) Sono fermamente convinto che gli standard delle RSD abbiano sicuramente migliorato la qualità dei servizi rispetto a quelli in vigore con i CRH ( e non parlo degli ex istituti ed IDR - ancora attuali !? -di fatto privi di standard) . Lo standard del personale è in proporzione superiore al vecchio sistema e tutto sommato anche l'attenzione formale nei confronti dell'ospite è meglio codificata . Il fascicolo sanitario assistenziale dell'ospite ,se ben governato, ha il merito di " tenere insieme" tutte le informazioni sulla persona con il percorso trattamentale. Una sorta di "dossier unico" sulla persona , risultato della partecipazione di tutti gli interlocutori che a vario titolo intervengono nel progetto individuale ( medici,infermieri,educatori, riabilitatori ecc). La reperibilità medica 24 ore nelle RSD è certamente un aspetto di maggior garanzia verso la salute degli ospiti , altrettanto non può dirsi l'aver definito in min. 7 ore al giorno la prese degli infermieri professionali con l'opzione OSS nella altre ore a condizione della reperibilità degli infermieri. Su questo standard, così come su altri ( vedi l'impiego dei volontari con titolo fino al 20% del personale) gli enti gestori poco avveduti sulla qualità ( o troppo avveduti sul profitto) possono trovare " soluzioni creative".

3) Sono fermamente convinto che non siano i "requisiti per tutti" la causa della gestione "standardizzata" che dipende esclusivamente dallo stile del gestore. Non mi risulta che il modello regionale impedisca ai gestori di RSD di rapportarsi dentro e fuori dalla struttura con approcci culturali, operativi e gestionali differenziati. L'importante è che tutto quello che viene dichiarato sulla carta dei servizi venga poi praticato sul serio. Da qui l'importanza del servizio di vigilanza. Ogni gestore è libero di appartenere alle "chiese che crede" , di far ricorso a suo piacimento a metodologie, attività e risorse purché siano coerenti con le regole (DGR, circolari ecc.) che normano il servizio.

 

4) Sono fermamente convinto che l'umanizzazione delle RSD ( spazi, attività, relazioni, ecc.) dipenda dalla visione del gestore e dalla sua capacità di cogliere i margini di manovra che le regole comunque consentono. Uno su tutti la possibilità di migliorare gli standard di qualità ( personale, attività, specialisti ecc. ). Le RSD diventano un " non luogo" quando i gestori le fanno diventare così.

5) Non sono invece assolutamente convinto (dal giorno di battesimo delle RSD e di tutte le altre Unità di offerta socio-sanitarie per persone con disabilità ) del sistema SIDi che ritengo essere il vero tallone d'Achille delle RSD oltre ad essere una delle più grandi "boiate" che la Regione Lombardia abbia saputo mettere in campo. Uno strumento "dis-allineato" sia rispetto ai moderni paradigmi culturali e scientifici sulla disabilità dell'OMS sia alle logiche del buon senso. La scheda SIDi si è dimostrata (così come è oggi purtroppo ancora configurata nonostante i numerosi SOS mandati alla Regione ) uno strumento insufficiente a definire i bisogni veri delle persone con disabilità grave. E' uno strumento non solo poco attendibile in termini tecnico-scientifico, ma anche discutibile,molto discutibile dal punto di vista applicativo. Il Sistema Sidi contiene all'interno del programma di trascodifica delle classi alcuni automatismi. Uno legato all'età ed il secondo al tempo di permanenza nel servizio. Come a dire... più resti .... più migliori. Peccato che non trattiamo vino ma persone. E' diventato l'incubo degli enti gestori che sono chiamati non solo ad essere lungimiranti nelle programmazioni ma anche maghi nel cercare di capire i meccanismi che sottostanno alla restituzione del carico assistenziale e di conseguenza del livello di remunerazione.

Pertanto sulle RSD i problemi aperti sono sostanzialmente quelli di sempre
1- la scheda SIDì (SOSIA) insufficiente nel contenuto ed inaffidabile nell'applicazione
2- il problema dei meccanismi che comportano il "passaggio d'ufficio" in classi più basse ad indicare che i "miracoli" fanno parte delle prestazioni
3- il problema dei casi " particolarmente complessi" che richiedono uno standard superiore ai 2500 min.settimanali ( aspetto non ancora affrontato dalla Regione )
5- gli effetti gestionali collegati agli aggiornamenti SIDì che possono determinare pericolose contrazioni di personale.

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