Cosa penso delle RSD
Carla Torselli porta il suo contributo al dibattito iniziato da LEDHA sulle Residenze Santitario assistenziali per persone con disabilità
Ho letto una decina di interessanti interventi che si sono succeduti alla "provocazione" lanciata da Giovanni Merlo, Guido De Vecchi e Paolo Aliata sull'argomento in oggetto.
In queste strutture prevale veramente il rischio di discriminazione e segregazione? C'è effettivamente un ripiegamento verso un modello di "istituto totale"? Le RSD stanno diventando realtà autoreferenziali ed esclusive, rischiando di essere "non luoghi" "per sempre"?
È vero che questi servizi, per loro "natura", non possono essere luoghi dove i diritti umani delle persone con disabilità possono essere promossi, protetti e garantiti?
La risposta di una operatrice, Anna, potrebbe confermare che è così. Però tutte le altre risposte, pur riconoscendo le difficoltà insite nella cura di persone in genere molto compromesse per il loro stato di non autosufficienza e/o di facoltà intellettive e relazionali fragili, sostengono che ci sono possibilità di sperimentare modelli diversi e più positivi, in grado di offrire abitabilità a chi vive una grave condizione di non autosufficienza e di disagio cognitivo e relazionale.
Occorre puntare sulla professionalità degli operatori, rendere effettivo il principio di libertà di scelta, promuovere momenti di inclusione sociale, mettere al centro le persone nella loro concretezza e con i loro bisogni.
Come hanno scritto alcuni Tecnici di nostre Associazioni locali, Anffas Lombardia Onlus, attraverso il coordinamento degli Enti Gestori a marchio Anffas, si è posta questo problema e si sta avviando una ricerca-azione sull'inclusione sociale, nell'ambito della rete dei servizi Anffas, che coinvolgerà coordinatori ed educatori, famiglie e persone con disabilità.
Riteniamo infatti che occorre ascoltare, approfondire, confrontarsi, conoscere i dati, sperimentare per trovare vie migliori, onde garantire il benessere delle persone che abbiamo in carico e anche degli operatori che lavorano nei servizi stessi.
Come genitore, voglio pensare e sperare che questo sia possibile; perciò sono convinta che dobbiamo diventare soggetti del cambiamento culturale e sociale, ovunque siamo presenti.
È bene che Ledha abbia lanciato questa sfida per verificare le regole definite dalla Regione Lombardia, ma anche perché è necessario spostare l'attenzione sulle gestioni effettive, su come vengono tradotte le indicazioni regionali, su quali sono le idee che presiedono l'organizzazione dei servizi. Fare meglio si può e si deve, perché le tante storie che conosciamo ci dicono che spesso le condizioni in famiglia si fanno pesanti e insostenibili, per cui c'è l'assoluta necessità di trovare una soluzione che dia garanzia di buon funzionamento e assicuri una buona cura della persona e una vita di relazione di tipo inclusivo.
Sicuramente sul territorio lombardo alcuni esempi di buone prassi esistono, occorre lavorare perché tutti possano migliorare.
Carla Torselli - Presidente ANFFAS Regione Lombardia
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