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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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13 Settembre 2010

RSD: esperienze a confronto

di Anna - Operatrice RSD

Un’operatrice del settore, ci scrive in forma anonima raccontandoci la sua scioccante testimonianza. L’articolo fa parte del dibattito lanciato da LEDHA “RSD, un servizio da ripensare?”

Dopo diversi anni di lavoro all'interno di strutture socio-sanitarie a contatto con persone con disabilità intellettiva e fisica, mi trovo oggi a fronteggiare una terribile situazione nella RSD in cui lavoro.
La vita è scandita da ritmi severi e standardizzati che opprimono le libertà individuali.
Dopo la sveglia, ogni persona viene lavata, vestita, e portata nella sala della colazione.

Spesso gli operatori svolgono queste azioni ignorando totalmente le persone verso le quali sono rivolte. Le esigenze personali di ciascuno passano in secondo piano rispetto alla routine.
Alcune mattine capita che gli operatori chiacchierino fra di loro a voce alta, a volte urlano, noncuranti delle persone che stanno assistendo. Spesso litigano, oppure ascoltano la musica.

La colazione dura due ore, durante le quali non è permesso alzarsi troppe volte dal tavolo, allontanarsi dalla sala o chiedere continuamente un bicchiere d'acqua o di andare al bagno.
Le conversazioni tra operatori continuano a voci sempre più alte e si stizziscono se vengono interrotte da chi vuole un'altra tazza di the o un altro biscotto.
Finita la colazione due operatori accompagnano la maggior parte delle persone in un'unica stanza a guardare la tv.
Poche volte si organizzano giochi o attività di gruppo come previsto dal programma giornaliero.
Il pranzo è a mezzogiorno e dura mezz'ora. Poi riposo pomeridiano. Alle 15 e un quarto si fa merenda. Ore 16 in punto di nuovo in sala tv a vedere un programma che sceglie lo stesso operatore, non in base ad un protocollo o alle preferenze dei pazienti, ma secondo il proprio gusto.
Alle 18 si cena, categoricamente già in pigiama e successivamente, con orario massimo per le 19 tutti a letto.
Durante la notte non è possibile chiedere di essere cambiato in un momento non prestabilito o "non opportuno".

Gli operatori si ostacolano tra di loro rendendo la collaborazione scarsa o inesistente, la figura medica è spesso assente, mentre il gruppo dirigenziale è impegnato a curare solamente l'immagine esterna della struttura.

Le persone presenti nella struttura vengono raggruppate indipendentemente dalla fascia d'età, sesso o tipo di disabilità o disagio psichico. Non si cerca di migliorare la loro qualità della vita attraverso l'accoglienza, l'ascolto e la personalizzazione degli ambienti. Le famiglie spesso stanche, in cerca di un appoggio si trovano di fronte all'incomprensione. Vengono sgridati se assillano gli operatori con richieste di informazioni sullo stato di salute del proprio parente.

Tutto deve essere funzionale, sì, ma a un ritmo di lavoro, a una prassi, a un protocollo.

Anna - Operatrice RSD

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