Manifestazione 7 Luglio a Roma: cosa è cambiato?
Matteo Schianchi: scrittore, svolge attività di ricerca storica e lavora come traduttore di saggistica. Ha partecipato agli Europei e ai Mondiali di nuoto con la nazionale italiana di sport disabili.
La gioia e la soddisfazione provate l'altro ieri sulla strada del ritorno di Roma, erano in aperto contrasto con la tristezza e la delusione di solo qualche mese fa, sempre tornando da Roma, dall'incontro del 3 dicembre, giornata internazionale delle persone con disabilità. Allora, l'unità di Fish e Fand e il teatro Valle stracolmo di gente non erano riusciti a togliermi l'amarezza di fronte alle divisioni interne al mondo della disabilità emerse senza troppe ambiguità: tra gli aderenti di base, nelle diatribe a chi è più sventurato, nelle numerose polemiche susseguitesi sul palco in cui la critica non serve ad avanzare, ma a tirare acqua al proprio mulino. Mi chiedevo: perché le diversità di cui siamo portatori non ci permettono di pensare e vivere in modo diverso? Ovvero, senza riprodurre, in altro modo, recinti, pregiudizi, egoismi, discriminazioni di cui si è vittime.
Completamente diverso è stato questo 7 luglio, in piazza Montecitorio. Certo, questa volta, la posta in gioco e l'attacco fatto al mondo della disabilità erano di tutt'altra natura. Quel 3 dicembre, l'arrivo in extremis di rappresentanti del governo e lo sgarro di qualche mese prima del ministro Sacconi che non partecipa alla Conferenza nazionale sulla disabilità di Torino dei primi di ottobre, erano nulla di fronte ai pesantissimi tagli che si profilavano e alle discriminatorie dichirazioni di Tremonti precedute dalla campagna stampa sui falsi invalidi.
La manifestazione del 7 luglio voleva ottenere un risultato concretissimo, l'abrogazione dei tagli previsti, e portava dentro di sé la rabbia e la delusione di essere di fronte a quello che è stato fondatamente definito il più pesante attacco alla disabilità nell'Italia repubblicana.
Il risulato dell'abrogazione dell'innalzamento della percentuale d'invalidità e per l'indennità di accompagnamento era tutt'altro che scontato. Era stato preannunciato il giorno prima, ma a parole era stato abrogato anche una settimana fa, per poi venire reintrodotto, dunque tutt'altro che certo, roba da "impresa disperata". L'abrogazione è stata attesa tutta la mattinata, accompagnata da varie voci: ritardata, rimandata a fra qualche ora, a fra qualche giorno. Non lasciamo la piazza fino a quando non avremo certezze, si diceva al microfono. La notizia è stata liberatoria. Un risultato da pareggio ottenuto negli ultimi minuti dell'ultima giornata di campionato, dopo essere passati in svantaggio con un gol in chiarissimo fuorigioco e una furba gomitata in faccia al difensore. Un gol fatto dopo aver meritato, spinto e macinato gioco per tutta la partita. È un pareggio che somiglia a una vittoria, quella di non essere retrocessi in serie B.
È un risultato che impone vigilanza. L'operazione tentata dal governo è esplicita e feroce: si colloca in precise scelte attraverso cui affrontare l'evidente crisi dello stato sociale, tagliare i costi per i soggetti più deboli e le loro famiglie. Un'operazione possibile solo in un paese in cui la grande informazione è carente sulle questioni della disabilità e che, collettivamente, ha ormai pochi anticorpi capaci di difendere sacrosanti diritti e la solidarietà sociale. Ma non li ha persi del tutto, come hanno dimostrato le persone in piazza, gli interventi delle associazioni e del mondo della politica. Questo mi pare un risultato politico rilevante, e non solo per il mondo della disabilità.
È un risultato che non cancella gli altri tagli fatti al mondo della disabilità, attraverso le riduzioni imposte alle Regioni. Non risolve tutte le questioni dell'inclusione sociale. Non ci dice quando verrà convocato l'Osservatorio per l'applicazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Non impone di applicare, strutturalmente, cioè per tutti i cittadini disabili e le famiglie, leggi che esistono da tempo. Non elimina le forme di esclusione e discriminazione che quotidianamente si producono.
Ma non ci si deve fermare solo al risultato ottenuto. Tra la piazza che dalle nove comincia a riempirsi fino a stiparsi di migliaia di persone, che accoglie la delegazione degli abruzzesi e che si svuota dopo le 13 si sono viste anche altre cose. Uno scatto, una partecipazione numerosa e attiva, una consapevolezza piuttosto nuovi, non giustificati solo con l'elevata posta in gioco e con le questioni economiche. Non è stata, infatti, una rinnovata "marcia del dolore" di nuove vittime che escono sulla scena pubblica per chiedere un po' di attenzione, di rispetto, di pietà, di assistenza e qualche emolumento. È stata la manifestazione di chi respinge profondamente di essere considerato inutile, non competitivo, oltremodo costoso per le casse statali che non possono permettersi tutti questi disabili.
A Montecitorio c'erano cittadini consapevoli di avere dei diritti e di essere oggetto di attacchi non solo sugli emolumenti, ma sul loro essere cittadini e persone. Di fronte a discriminazioni istituzionalizzate e simili assalti, reiterati anche quando la Commissione riunita in Parlamento ignora una piazza gremita e le sue istanze per procastinare nuovamente la decisione dell'abrogazione, la reazione della manifestazione è stata fin troppo pacata, un raro e unitario esempio di civiltà. Si respirava aria di unità tra le persone in piazza provenienti da tutta Italia, chi con le associazioni, alcuni da soli, uniti anche per chi non ha potuto esserci in piazza. Anche gli interventi al microfono, eterogenei, ciascuno con il proprio punto di vista, talvolta discordi e polemici sembravano unitari nell'attesa di quel risultato.
Condividevo con gli amici di Ledha la gioia e la soddisfazione sulla via del ritorno. Non erano di quei sentimenti che si provano dopo un miracoloso scampato pericolo, ma prendevano avvio da come questo risultato è stato ottenuto: il lavoro di Fish e Fand insieme, la collaborazione di politici seri, la piazza composita ed eterogenea, ma unita. Sarà necessario capire meglio cos'è accaduto tra il 3 dicembre dello scorso anno e l'altro ieri, se gli importanti risultati sul fronte della consapevolezza e dell'unità saranno duraturi. È necessario, infatti, ripartire da qui, per continuare a stare in guardia, per andare oltre i dovuti emolumenti economici e le divisioni, per intraprendere strade comuni verso i diritti e l'inclusione reale.