“Abbasso le RSD – Evviva le RSD”
Marco faini da il suo contributo al dibattito iniziato con l’articolo apparso la settimana scorsa su Persone con Disabilità “RSD: un servizio da ripensare?”
"farsi domande sul proprio lavoro" è il timbro con cui cerco - la sottolineatura è d'obbligo -di caratterizzare le cose che faccio, a maggior ragione quando si presentano non a nome mio, ma dell'Associazione per la quale lavoro (l'ANFFAS di Brescia). "Farsi domande" è un modo di pensare e di agire che in genere produce più fatiche rispetto alle certezze; elogiando il dubbio si guarda con una certa apprensione la certezza, ma si favoriscono il confronto, l'ascolto, la ricerca.
Detto questo, occorre dire subito che le opinioni espresse da Giovanni, da Guido e da Paolo mi convincono. Mi preoccupa però il fatto che se opinioni del genere non si appoggiano su gambe forti e robuste, il rischio è quello che invece di rafforzarsi tali idee si indeboliscano, soprattutto di fronte a chi è scettico di fronte ai cambiamenti. E allora tanto vale iniziare subito l'allenamento, e cominciare a "farsi delle domande".
Ne propongo una, riferita al modo con cui svolgiamo la nostra funzione di advocacy : sulla base di quali dati fondiamo le nostre opinioni?
Ho usato non a caso la parola "dati", e non informazioni, elementi, perché ora più che mai credo sia forte la necessità di irrobustire le nostre proposte con numeri, quantità, dimensioni, soprattutto quando ci si pone - correttamente - l'obiettivo di superare un dettato normativo, come nel caso in questione. Questo cambio di passo ulteriore - in direzione dei "dati" - lo vedo articolato su una serie di profili tematici:
costi e risorse
il primo riguarda i numeri relativi ai costi del sistema di welfare. Quanti di noi - Associazioni, soggetti di terzo settore in genere - possono dire di avere raccolto, analizzato e capito l'evoluzione della spesa sociale in R.Lombardia negli ultimi 5 anni? Che mutamenti vi sono stati, quantitativamente e qualitativamente? Come si distribuiscono le risorse rispetto ai "numeri" della disabilità (ammesso che i numeri relativi alle persone con disabilità esistano) ? Quali strumenti interpretativi possiamo fornire per un diverso utilizzo delle risorse (parlo dei bilanci comunali, provinciali e regionali) in relazione ai progetti individuali? E soprattutto: siamo in grado di fornire dati sul significato, in termini economici, del rapporto tra disabilità ed economie familiari? Quanto potrebbe costare in più, o in meno, un'idea diversa della funzione abitativa? E quale sarebbe lo strumento migliore per rendere effettivo il principio di libertà di scelta, in relazione al proprio progetto di vita?
Vecchi e nuovi criteri di accreditamento
Il secondo profilo su cui è necessario disporre di dati ruota intorno ad un quesito: in che modo è possibile modificare i criteri di accreditamento (delle unità d'offerta) inserendo la "componente inclusiva"? Una domanda che ne contiene un'altra, ovviamente: quale può essere il punto di equilibrio (possiamo utilizzare, impropriamente, la formula dell'accomodamento ragionevole?) tra l'art. 19 della Convenzione ONU e diverse opzioni residenziali calibrate in relazione all'intensità dei sostegni di cui le persone con disabilità necessitano?
Politiche per l'inclusione = ?
Il terzo profilo sarebbe bello poterlo rappresentare con un semplice grafico a due colonne: da una parte i sì e dall'altra i no in risposta ad una domanda secca: siete certi di avere compreso il significato della parola "inclusione"? Domanda da fare non solo ai "politici", ma anche agli operatori dei servizi territoriali e dei servizi alla persona, ai tecnici, ai leader associativi, alle famiglie e alle persone....eccetera, eccetera, eccetera.
E' paradossale, ma sembra proprio che più il diritto viene precisato, perfezionato e ampliato, più aumenta il rischio che quel diritto rimanga mera enunciazione. Ecco perché insisto nel dire che non possiamo permetterci il lusso di ignorare la ricerca, la raccolta e l'analisi dei dati, l'avvio di esperienze e sperimentazioni concrete su quanti più punti di equilibrio possibili tra la declinazione dei diritti umani e le articolazioni concrete delle risposte date dal sistema di welfare. Caccia all'accomodamento ragionevole, quindi, se non ho male interpretato la Convenzione.
Accontentarsi? Assolutamente no, ma è pur vero che i processi di cambiamento di cui stiamo parlando non avvengono per sommossa, ma per lento e costante stratificarsi di esperienze e riflessioni.
Ritengo quindi sia giusto agire su due fronti: il primo, ripeto, deve vederci protagonisti attivi nella ricerca sociale e nella sperimentazione. Il secondo ci deve vedere fortemente impegnati per far sì che la Regione Lombardia incrementi l'offerta di CSS e di RSD e, complessivamente,dei livelli di spesa sanitaria, sociosanitaria e sociale. Per essere esplicito e sbrigativo, e parlando di RSD e CSS: servono nuovi posti/letto accreditati! E servono oggi, con le delibere, i criteri di accreditamento e con le regole di funzionamento e vigilanza che ci sono!
Ho usato apposta una terminologia molto burocratico-amministrativa e certo poco inclusiva (posti/letto) per ribadire che le opinioni dei tre colleghi e amici di LEDHA sono pienamente condivise, ma occorre riprenderle sul piano dell'azione concreta. In tal senso, ANFFAS Lombardia sta elaborando un progetto di ricerca/azione per capire "quanta inclusione sociale" i servizi a marchio ANFFAS attivi in Lombardia sono oggi in grado di esprimere, e "quanta inclusione sociale" sarà possibile promuovere ripensando l'organizzazione stessa dei servizi.
In conclusione:
le Associazioni, gli enti gestori che ci credono, le persone e le famiglie devono intensificare i propri sforzi per costruire competenze, conoscenze ed esperienze che rafforzino il percorso indicato dalla Convenzione ONU, da declinare in termini di applicabilità e replicabilità sostenibili. Devono, anzi, dobbiamo farlo, anche per rendere il rapporto con le Istituzioni (Regione Lombardia in primo luogo) più efficace e produttivo, e "permetterci il lusso" di essere più stringenti, più caparbi, e, se dovesse servire, anche conflittuali
le istituzioni, da parte loro, non possono pensare di dismettere il loro ruolo, e devono continuare a garantire risposte - anche - quantitativamente adeguate.
Leggi l'articolo "RSD: un servizio da ripensare?" a firma di Di Giovanni Merlo, Guido De Vecchi, Paolo Aliata
Leggi l'articolo "RSD: riflessioni su un servizio in discussione" a firma di Umberto Zandrini
Leggi l'articolo "RSD: quando anche il meglio di un servizio (qualità) può diventare nemico del bene delle persone (scelta)" a firma di Renzo Bagarolo