Siti internet e contenuti molesti
L’esperienza di una mamma trovatasi di fronte ad un sito dai contenuti molesti e la sua decisione di agire
'Sfoglio' ogni giorno su Internet vari articoli su disabilità e dintorni. Far circolare le notizie, specie quelle buone, è mia abitudine. Leggo, valuto, confronto, scarto notizie di interesse locale, nazionale e oltre. Dai diritti alla salute, dalla letteratura allo sport, e così via. La mattina di buon'ora, apro l'articolo "Fermiamo l'inabilità". "Inabilità", un termine poco usato, mi incuriosisce. Mi appresto a leggere, convinta di trovare uno spunto, da un'altra prospettiva. Alla terza riga, mi accorgo di avere sottovalutato il verbo che marchia il titolo: "Fermiamo". Sciocca, mi dico. Mi sforzo di arrivare in fondo. Dallo stomaco sale fino in gola un malessere che si affaccia agli occhi sottoforma di lacrime. Dove sono finita? Smarrimento, incredulità. Poi, come una porta sbattuta dal vento, un getto di rabbia, voglia di gridare. Cerco di capire. Devo capire. Scorrendo i vari articoli del sito, il quadro mi è più chiaro. Questo soggetto non dimostra un accanimento specifico contro le persone con disabilità, ma contro tutto ciò che si discosta dalla sua idea di razza, identità e purezza. Insomma, non vuole solo che mio figlio sia soppresso, ma il suo ideale di mondo contempla molte altre iniziative di sistematica rimozione di esistenze infette.
E se non fosse un caso isolato, ma un venticello che soffia sul fuoco alimentando deliranti sogni di egemonia della razza? Passato lo sconforto, non lo sdegno, penso a quale scenario accoglierà un giorno mio figlio. Raggiunta la maggiore autonomia possibile, presa in mano la propria vita, su chi cadrà il suo sguardo? O meglio, lo sguardo di chi cadrà su di lui?
Pensare, agire. Certi contenuti di siti web (istigazione alla violenza, al razzismo, ecc.) possono e devono essere segnalati alla Polizia Postale. Ancora una volta devo armarmi. Contatto la Polizia Postale dopo aver trovato i riferimenti su Internet. Segue una segnalazione via e-mail. Trascorso qualche giorno, decido di informare Ledha, che subito si attiva per ottenere l'oscuramento del sito. E così succede. Il sito non è più accessibile, ma quella persona è libera. Potrebbe un giorno stare seduta in tram accanto a mio figlio, potrebbe essere un suo collega di lavoro o indossare una divisa e decidere della sua vita.
Allora che fare? Essere consapevoli che ciascuno di noi ha un patrimonio di sentimenti e capacità da condividere. Comprendere che la diversità è anche un'occasione di crescita. Migliorare la propria e l'altrui fiducia nell'altro. Fare in modo, tutti insieme, che in questa società ci sia sempre un posto degno per tutti. Tenere alta la guardia e partecipare attivamente perché il delirio di un singolo non diventi mai più un movimento collettivo.
Mai più.
Maria Spallino