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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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24 Febbraio 2010

“Dalla parte dei bambini: la voce delle mamme”

di di Rosa Garofalo – Mamma di Alice

L'esperienza di una mamma, densa di emozioni e riflessioni, per il riconoscimento dei diritti del proprio figlio con disabilità

Il percorso formativo promosso da Ledha e dalla Provincia di Milano "Bambini con disabilità-grandi da piccoli" si è concluso con una tavola rotonda dal titolo "Dalle parte dei piccoli".In tale occasione le mamme hanno portato la loro esperienza, densa di emozioni e riflessioni, per il riconoscimento dei diritti dei loro piccoli con disabilità. In vista del convegno del 26 febbraio "Bambini fino in fondo - Nascere e crescere con disabilità in Lombardia" pubblichiamo le testimonianze delle mamme che hanno contribuito con la loro esperienza alla discussione.

Per noi mamme, per tutte le mamme non solo quelle di bambini con disabilità, il nostro bambino è un pezzo di noi stesse.
Quando nacque mia figlia fu un'emozione immensa che ricorderò per tutta la vita. Aveva 15 giorni quando scoprimmo che c'era qualcosa che non andava. Nel momento in cui mi dissero che mia figlia era ipovedente, affetta da coloboma per la precisione, mi si spezzò il cuore. In quel momento di vera difficoltà un genitore ha quasi la percezione che il suo sogno si infranga, ma invece non è così. Si è invece pervasi da un senso di responsabilità ancora maggiore.
Il mio percorso per diventare mamma è passato attraverso mille delusioni e tanti tentativi falliti, ma alla fine ce l'ho fatta e per me essere mamma è un vero dono.
Dopo la diagnosi, mi sono spesso chiesta: Che cos'è un ipovedente, che cosa fa? Quali prospettive può avere? Potrà fare una vita normale? Sposarsi? Sciare?
Non sapevo nulla di questa realtà e anche i medici poco mi sapevano dire.
Il giorno che scoprii la patologia di mia figlia, fu un'emozione vissuta tutta al femminile, c'era mia mamma con me. Allora scoprii veramente non solo la maternità, ma ebbi l'impressione di comprendere per la prima volta a fondo il senso della genitorialità.
Ricordo ancora le meravigliose sensazioni che mi pervasero quando mi misero in braccio mia figlia per la prima volta, il giorno in cui nacque. L'emozione, il forte senso di responsabilità. Ho pensato: è bellissima (tutti i bambini sono bellissimi) e mi sono detta "questa bambina dipende da me". Finalmente è nata ed è sotto la mia responsabilità. Ero felice nel vero senso della parola ma preoccupata di riuscire ad essere all'altezza.
Sono andata in tanti posti per saperne di più sulla sua malattia. Ho cercato informazioni su internet, sui libri, molto da autodidatta. Spesso medici e assistenti davano le cose per scontate e molte cose le dovetti imparare a spese di mia figlia.
Ho sempre dovuto fronteggiare la paura di non essere adeguata, di non essere all'altezza. Poi la vita di tutti i giorni mi ha aiutato a riprendere la normalità. Ho cercato, in questi otto anni di allevare mia figlia nella maniera più normale possibile, perché mia figlia per me è una bimba normale.
Per i propri figli si è disposti a fare qualunque cosa. Darei tutta me stessa, la mia vita. A volte ci si annulla per i propri figli, e una delle difficoltà più grandi che si possono provare è quella di dover sperimentare diverse soluzioni e le varie terapie sulla pelle di tua figlia.

Secondo me, spesso, i genitori con figli con disabilità trovano più spesso conforto nei consigli di altri genitori nella loro stessa situazione, rispetto all'opinione degli specialisti. Negli altri genitori l'affetto può essere vero e sincero poiché vivono loro stessi la medesima realtà.

Io collaboro con un'associazione che si occupa di accompagnare altri genitori come me nel loro percorso ed è proprio grazie alla mia esperienza che io riesco ad essere di aiuto. Alle altre madri che mi chiedono aiuto rispondo "Signora, io posso capirla, perché io sono una mamma ipovedente nel cuore".

Penso si debba trattare i propri figli, sebbene con disabilità spingendoli a fare esperienze, dando loro la possibilità di sperimentare il mondo, senza fargli degli sconti. Perché il mondo non fa sconti a nessuno.
Io, come mamma, cresco mia figlia cercando di darle dei valori, come fanno tutti i genitori ma non voglio spianarle la strada per cercare di renderle il percorso più agevole, cerco di darle i giusti strumenti perché possa percorrere quella strada con le sue forze.
Un tempo mi sentivo in colpa persino a comprare qualcosa per me stessa. Pensavo "Non so nemmeno se un giorno mia figlia riuscirà a camminare e penso a comprarmi dei jeans?". Mi sentivo in colpa.
Ma una volta un medico, vedendomi giù di morale mi disse che "Per dare la possibilità ai propri figli di essere normali bisogna essere se stessi a 360°. A sua figlia non deve dare solo l'amore. Deve darle tutta se stessa per come è realmente".
E aveva centrato il problema.
Il lavoro delle mamme è difficile. A volte, si ha sempre paura di non essere sufficientemente giuste, ma credo che bisogna imparare e insegnare ai nostri figli ad amare in pace. Se noi riusciamo ad amare i nostri bambini in pace anche loro riusciranno ad accettarsi e ameranno se stessi e gli altri in pace, pur con tutte le sofferenze che l'amore porta con se.
Questo vale per tutte le mamme, non solo per quelle di bambini con disabilità.
Non bisogna reprimere le proprie emozioni, avere solo la preoccupazione di raggiungere un traguardo. Bisogna amare con serenità anche se in presenza di una profonda sofferenza.

 

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