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Persone con disabilitą

A cura di Ledha

Archivio opinioni

9 Dicembre 2022

"Abbracciare con gioia la nostra comune fragilitą"

di Justin Glyn

Riproponiamo la traduzione dell'intervento di fr Justin Glyn sul rapporto tra fede e disabilitą in occasione della presentazione del saggio "A Sua immagine?" dell'11 novembre a Mantova

Per spiegare l'importanza del libro "A Sua immagine? Figli di Dio con disabilità" per la Chiesa, potrebbe essere bene iniziare con uno sfondo laico un po' cupo. È raro che si ottenga una prova in tempo reale di una teoria sociale. La pandemia da Covid-19 ha fatto proprio questo nel dimostrare che la disabilità riguarda maggiormente ciò che la società è pronta ad accogliere che non la disabilità individuale. La pandemia ci ha costretto a mettere in atto comportamenti che in precedenza venivano giudicati impossibili: tutti abbiamo imparato a lavorare da casa, abbiamo iniziato a fare la spesa online o a studiare da remoto.

Paradossalmente, le persone che erano state a lungo escluse dalla società sono state incluse per la prima volta quando tutti hanno avuto modo di vivere le esperienze delle persone disabili precedentemente spinte ai margini silenziosi della nostra società.

Tuttavia, quando la maggior parte di coloro che non avevano disabilità sono stati vaccinati e il mondo della produzione si è stancato delle restrizioni, queste sono state rimosse e il velo di silenzio è sceso ancora una volta. Allo stesso tempo, la retorica eugenetica è diventata popolare per la prima volta dall'epoca del nazismo: le persone con disabilità, gli anziani e i fragili sono stati tra i primi a essere sacificati sull'altare "dell'economia" man mano che le precauzioni sanitarie di base sono state rimosse per i più vulnerabili in quello che un funzionario medico australiano ha terribilmente descritto come un "raccolto" ritardato.

Questa introduzione piuttosto fosca, tuttavia, indica il motivo per cui il nostro libro fa parte di uno sviluppo molto luminoso nella Chiesa. “A Sua immagine?” è probabilmente il primo libro a considerare come il movimento verso una comprensione della disabilità come costrutto sociale illustrato sopra stia lentamente riecheggiando nella teologia e nella dottrina sociale della Chiesa cattolica.

Sempre più spesso, si riconosce che le vecchie narrazioni della disabilità come avanzo del peccato originale o della sofferenza privilegiata non corrispondono all'esperienza vissuta di coloro che la sperimentano. Allo stesso modo, sia i disabili sia la Chiesa istituzionale sottolineano sempre più che tali narrazioni sono anche incoerenti con le teologie di lunga data della Chiesa sulla persona umana e sulla società. Questa incoerenza si riflette non solo nel mio elaborato, ma nelle numerose risposte relative ad esso.

Quanto sopra cala perfettamente la discussione nel suo contesto teologico, storico e sociale. In questa lettura, la disabilità diventa un segno, ma non un segno di avvertimento o di esclusione. Invece, è un richiamo alle cose in cui la Chiesa ha a lungo affermato di credere: la natura sociale della salvezza, l'interconnessione e l'interdipendenza reciproca di tutti noi e la totale dipendenza di un'umanità incompleta da un Dio amorevole. Il fatto che tali ragionamenti non si siano sempre riflessi nella vita storica della Chiesa è un appello al pentimento e alla riforma.

A questo proposito, è utile leggere il nostro piccolo libro alla luce del recente esercizio di ascolto organizzato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. L'esercizio di ascolto e il documento che ne è scaturito, giustamente intitolato "La Chiesa è la nostra casa", hanno evidenziato non solo l'ampia questione teologica di come la disabilità deve essere compresa, ma anche le questioni immediate e pratiche che i credenti disabili devono affrontare. Questi vanno dalla negazione dei sacramenti all'inaccessibilità delle chiese, alle minacce di danni fisici e di morte. Allo stesso tempo, e molto nello stesso spirito di "A Sua immagine?", mette in evidenza ciò che Papa Francesco chiama “il magistero della fragilità”, la comprensione che tutti noi siamo chiamati a una vita di reciproca interdipendenza in Cristo.

Ciò significa non negare o sminuire le nostre incapacità o l'umanità dei nostri fratelli e sorelle, o minimizzarle bollando alcuni di noi come "altri" (o quel terribile eufemismo, "speciale"), ma piuttosto abbracciare con gioia la nostra comune umanità e portare i fardelli gli uni degli altri affinché tutti possano crescere in Cristo.

Naturalmente, non facciamoci illusioni. Non è un percorso facile. Mentre il mondo affronta sempre più le difficoltà sociali ed economiche e il fallimento dei sistemi esistenti, ci sarà sempre la tentazione di gettare i più vulnerabili ai lupi. Come discusso all'inizio, lo abbiamo già visto in relazione alla pandemia. Tuttavia, nell'aiutare a rendere intenzionale la teologia della disabilità della Chiesa, speriamo di aiutare la Chiesa magistrale a fornire una narrazione cristiana coerente per respingere questo tipo di codardia. Perché, in definitiva, le sfide che la nostra Chiesa e il mondo devono affrontare sono sfide per tutta l'umanità e, nell'affrontarle, siamo veramente “noi” e non “loro”.

Condividiamo la traduzione dell'intervento di fr Justyn Glyn in occasione dell'incontro di presentazione del volume "A Sua immagine?" che si è svolto a Mantova l'11 novembre 2022

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