Verso un nuovo modello di protezione sociale per la disabilitą lombarda
La proposta di legge regionale di LEDHA per la vita indipendente vuole dare un nuovo orizzonte alle persone con disabilitą, per acquisire quella dignitą che -oggi- non č ancora pienamente riconosciuta
A novembre 2020 LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità ha presentato al presidente del Consiglio Regionale della Lombardia il testo del progetto di legge “Politiche di welfare sociale regionale per il riconoscimento alla vita indipendente e all’inclusione sociale di tutte le persone con disabilità” e successivamente tale progetto è stato presentato a tutti i gruppi consiliari ricevendone un unanime apprezzamento. Successivamente si sono tenuti incontri con l'Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) e con l’Ufficio Legislativo del Consiglio Regionale per ulteriori approfondimenti di carattere normativo, che hanno portato alla redazione di un testo largamente condiviso su cui pende tutt’ora un’ultima verifica in merito al reperimento delle risorse finanziarie necessarie a sostenere il progetto di legge. Questo progetto si inserisce all’interno della richiesta che abbiamo formulato a inizio legislatura al presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, unitamente a FAND-Federazione Associazioni Nazionali Disabilità, per la istituzione di un Fondo Unico per la Disabilità.
Come LEDHA abbiamo ritenuto necessario assumere questa iniziativa in quanto siamo convinti che la vita indipendente delle persone con disabilità, in qualunque modo la si definisca, non è ancora un diritto pienamente riconosciuto e rispettato per le persone con disabilità che vivono in Lombardia, in particolar modo per quelle che richiedono un forte sostegno. Vi sono certamente politiche, misure e dispositivi che possono permettere ad alcune persone con disabilità di realizzare progetti di vita indipendente. Ma un diritto o è per tutti o non è definibile come tale.
Il mancato rispetto del diritto “a vivere nella società con la stessa libertà di scelta delle altre persone”, non è solo o tanto causato da inefficienze, carenza di risorse o altri problemi gestionali o strutturali: per alcune (molte) persone con disabilità la nostra attuale organizzazione sociale e il nostro vigente modello di welfare non prevede la “Vita indipendente ed inclusione nella società” come un diritto riconosciuto, da promuovere e rispettare.
Il nostro progetto di legge intende far uscire il tema dell’alveo delle sperimentazioni e fare in modo che i sostegni per la vita indipendente vengano messi a disposizione di tutte le persone con disabilità, come previsto dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità e in linea con quanto previsto dal Piano di azione nazionale e dalle stesse Linee Guida ministeriali. Il traguardo che vogliamo raggiungere con questa proposta di legge è quello di avvicinare il più possibile la vita di ogni persona disabile a quella delle cosiddette persone normodotate. Senza alcuno svantaggio di partenza, ma anche senza nessun privilegio, spesso inutile e dannoso. Il tutto su una base di parità nei rapporti interpersonali, in modo che come è diritto di ogni essere umano, si possano sviluppare equilibratamente, nel rispetto il più possibile dei desiderata di ognuno, le diverse fasi della vita.
Quali sono gli aspetti principali della proposta che abbiamo presentato?
Il primo è quello relativo ai destinatari: riguarda tutte le persone con disabilità indipendentemente dalla tipologia di compromissione funzionale, dal livello di intensità del bisogno di sostegno della persona con disabilità, o dal reddito e dal patrimonio, che sono in possesso di una certificazione di invalidità civile non inferiore al quarantasei per cento, rilasciata ai sensi della normativa vigente, o di una certificazione di handicap ai sensi della legge n. 104 del 1992, che abbiano almeno 14 anni di età o che stiano completando il percorso della scuola secondaria di primo grado.
Il secondo è lo strumento che deve permettere la attivazione del Progetto di vita indipendente che individuiamo nel Progetto individuale di vita indipendente, così come prevista dalla legge 8 novembre 2000 n. 328. Tale strumento riconosce e promuove il diritto della persona con disabilità alla piena inclusione sociale e favorisce la formazione di legami affettivi, nonché il sostegno alla funzione genitoriale. Titolare del Progetto individuale di vita indipendente è la persona con disabilità, che ne determina i contenuti e l’orientamento e ha diritto di essere supportata nella definizione dello stesso. Il Progetto individuale di vita indipendente viene redatto sulla base degli interessi, dei bisogni, delle richieste, delle preferenze della persona con disabilità, nonché delle sue condizioni di vita. Eventuali limitazioni nella possibilità di autodeterminazione richiedono l’attivazione di tutte le risorse e le competenze necessarie che permettano di far emergere le volontà e le esigenze delle persone coinvolte.
Il Progetto individuale di vita indipendente riguarda l’intero arco della vita della persona con disabilità, è sottoposto a periodico aggiornamento e può essere modificato in qualunque momento su richiesta della persona interessata o, se presenti, del suo rappresentante legale; esso è predisposto dai Comuni, in forma singola o associata, d’intesa con l’ASST entro 90 giorni dalla richiesta dell’interessato e si avvale del sostegno del Centro per la Vita indipendente, strumento previsto dallo stesso PdL
Il terzo è quello legato alla valutazione multidimensionale, che nella nostra visione costituisce lo strumento che deve permettere la espressione dei bisogni, degli interessi e delle richieste della persona con disabilità, capovolgendo quindi la attuale funzione di questo strumento che viene oggi inteso come valutazione delle caratteristiche della persona con disabilità da parte dei tecnici che ne danno attuazione. Al fine della redazione del Progetto individuale di vita indipendente, le Unità di valutazione multidimensionale, di cui all’art. 26, comma 5, lett. b) della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33, già attive nelle ASST, si dotano degli strumenti necessari per far emergere le esigenze della persona con disabilità, avvalendosi della collaborazione della rete territoriale dei servizi.
Il quarto il Budget di progetto che definisce le risorse economiche, professionali e umane necessarie per realizzare quanto previsto dal Progetto individuale di vita indipendente. Il Budget di progetto tiene conto altresì delle spese necessarie alla vita della persona con disabilità, indipendentemente dalla sua collocazione nel nucleo familiare. Il Budget di progetto è elaborato dalla persona con disabilità con il sostegno del Centro per la vita indipendente ed è parte integrante del Progetto individuale di vita indipendente, ed alla sua formazione concorrono tutte le risorse disponibili sia pubbliche che private destinate al sostegno della persona con disabilità, comprese quelle liberamente messe a disposizione dai familiari, anche in termini di lavoro volontario, o quelle attivabili dalla comunità sociale di appartenenza.
Ultimo aspetto è quello relativo al Centro per la Vita indipendente a disposizione delle persone con disabilità, a sostegno dell’elaborazione, definizione e implementazione del Progetto individuale di vita indipendente, che operano in collaborazione con gli enti del sistema sanitario e sociosanitario regionale. Nella nostra impostazione i Centri per la vita indipendente sono servizi dei Comuni inseriti funzionalmente negli ambiti territoriali dei piani di zona e rientrano nella programmazione zonale e sono gli stessi Enti Locali che definiscono le modalità di funzionamento e di gestione dei Centri per la vita indipendente avvalendosi degli strumenti di coprogettazione e di coprogrammazione previsti dall’articolo 55 del d.lgs. 117/2017, riconoscendo, garantendo e valorizzando il ruolo guida delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, come previsto dalla normativa vigente e, in particolare, dalla legge 18 del 2009. L’ambito territoriale di competenza di ogni Centro per la vita indipendente corrisponde con quelli dell’Ambito sociale responsabile della programmazione locale dei Piani di zona. Il Centro per la vita indipendente svolge attività di tipo informativo e di promozione culturale, di supporto alla progettazione e di accesso unico alla rete dei servizi, garantendo alle persone con disabilità uguaglianza e pari opportunità di accesso al contesto abitativo e urbano, alle informazioni e alla comunicazione, in ogni loro forma, con particolare riferimento alle fasi del passaggio alla maggiore età, dell’uscita dal nucleo familiare di origine, dell’invecchiamento e di ogni altra fase della vita particolarmente delicata, tenuto conto dei desideri, delle preferenze, degli obiettivi e dell’interesse della persona con disabilità.
Da ultimo, ma non meno importante, l’implementazione del nostro progetto di legge deve portare ad una revisione dei criteri di accreditamento, funzionamento, finanziamento e controllo delle unità di offerta sociosanitarie e socio-assistenziali in cui sono inserite persone con disabilità, al fine di permettere e favorire il diritto alla vita indipendente e all’inclusione sociale, garantendo condizioni di vita tali da realizzare concretamente il Progetto individuale di vita indipendente ed evitare l’isolamento o la segregazione.
In questo quadro che abbiamo delineato risulta per noi importante che il confronto che verrà avviato nei prossimi giorni in merito all’utilizzo del Fondo nazionale per la non autosufficienza per il 2022, ma non solo, anche quello in corso nei diversi territori per la predisposizione dei Piani di Zona per il triennio 2021-2023 ed il nuovo Piano di Azione Regionale, che stiamo contribuendo a costruire con queste giornate di studio, possano cominciare a collocarsi in questa ottica, in quanto il recente passato ha fatto emergere con chiarezza come alcuni nodi del sistema ancora in vigore concorrano a generare o comunque non riescano ad incidere su molte situazioni di disagio, isolamento e discriminazione.
Facciamo, evidentemente, riferimento al fatto che l’insieme di servizi e sostegni presenti in modo diffuso nel nostro territorio, siano ancora fondati sull’offerta di prestazioni o di risorse economiche piuttosto che sulle esigenze, aspettative e preferenze delle persone e che abbiano come orizzonte quello dell’assistenza piuttosto che quello della vita indipendente e inclusione sociale. Le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari sentono invece crescere al loro interno l’attesa e la consapevolezza di un cambio di passo nel processo di evoluzione e di riforma del modello di welfare sociale per la disabilità lombardo. A questo processo di evoluzione può anche contribuire la proposta formativa "Percorsi di emancipazione", che stiamo realizzando di intesa con Ats Metropolitana di Milano, un partenariato che comprende un vasto gruppo di associazioni, cooperative, enti locali e l'Università Milano Bicocca, che si rivolge agli operatori coinvolti nella Legge 112 e che sarà presentato in un seminario il prossimo 9 novembre.
Abbiamo davanti una sfida importante per contribuire a dare un nuovo orizzonte alle persone con disabilità che permetta loro di acquisire quella dignità che oggi, a loro, non è ancora pienamente riconosciuta e, sono convinto, ce ce la possiamo fare.
Alessandro Manfredi,
presidente LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità