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Persone con disabilità

A cura di Ledha

Archivio appuntamenti

Milano - 30/06/2007

Micatantomovimento

Continua il movimento lento di una massa di persone disabili e non che intende impossessarsi in maniera ludica e pacifica della città, dei suoi spazi pubblici che diventino così "pubblici per tutti".

26 maggio. Sabato. Il primo appuntamento con micatantomovimento.

Forse non eravamo riusciti a informare tutti. Il tempo era dato in peggioramento: temporali nel pomeriggio. Gli organizzatori erano degli anonimi "nessuno", anche se numerosi, in rappresentanza di tutte le organizzazioni che siedono al Tavolo H6 sulla disabilità.

Invece, poco a poco, siamo arrivati. Dal metrò, dalle vie laterali, dai pulmini, hanno cominciato ad uscire facce note, amici e qualche volto nuovo.

Chi era lì aveva ben compreso e condiviso gli obiettivi. Senza dirlo, senza esserci parlati, era tutto chiaro.

Intanto, facciamoci vedere. Facciamo vedere alla città che esistiamo. Che anche noi facciamo lo struscio il sabato pomeriggio. E' vero, dobbiamo esporci, mettere in mostra le nostre difficoltà, farle vedere a tutti, ma che alternative abbiamo? Nasconderci? Ci siamo nascosti troppo a lungo. Nelle nostre case, nei nostri centri specialistici, nelle nostre attività su misura. E' tempo di uscire allo scoperto. Nessuna garanzia: potremmo riuscire ridicoli e questo forse è il rischio peggiore che corriamo.

Coinvolgiamo la città nella nostra lentezza, nel nostro impaccio motorio, nella nostra esitazione nel rispondere.

Mettiamo un bastone tra le ruote del pensiero efficiente.

In fondo, si diceva, questa passeggiata è un gesto pedagogico: mostra "la differenza" a chi ignora cosa sia o a chi si è addestrato a voltarsi per tempo dall'altra parte. Noi cerchiamo di coinvolgere tutti.

Ma è anche un "gesto filosofico" (si può dire 'gesto' nel caso della filosofia?): cerca di insinuare un pensiero che comprenda la differenza, ogni differenza, come termine di confronto piuttosto che come ostacolo da evitare. Insomma, mostriamo la differenza perché vogliamo che sia pensata e vogliamo che si pensi alla differenza per inglobarla in un immaginario usuale.

Siamo abituati, fa parte del nostro sapere civico, a prendere per mano i bambini e gli anziani. Lo facciamo perché tutti abbiamo bambini o anziani intorno e capiamo che a volte è necessario prenderli per mano. Altre debolezze (intese come differenze dallo standard immaginario) preferiamo esorcizzarle: che non capiti a me. Una malattia, per esempio, o un handicap.

Invece, dicono le statistiche, in Italia la disabilità, in tutte le sue svariate ed imprevedibili forme, impatta con una famiglia su tre.

Dobbiamo dunque imparare a prendere per mano anche queste persone, non abbiamo alternative.

Ma prenderli per mano è proprio l'ultimo gradino di questo processo. Non abbiamo premura. Abbiamo aspettato tanto e possiamo aspettare ancora. Per ora la nostra passeggiata è senza una meta precisa, è lenta, è strana, un po' barcollante. A noi basta questo. Per ora.

E' venuta Ombretta Fortunati, la consigliera provinciale con delega per l'handicap che, insieme all'impegno, riesce sempre a dimostrare la sua sensibilità; è venuta anche Lella Costa a buttar via gratis un sabato pomeriggio. C'ero anch'io. Eravamo in centosette, ci siamo contati. Mancava invece il mio amico Angelo. Lui sta in carrozzina e deve fare spesso pipì. Andate in via Dante? E io come faccio se a metà mi scappa? Così ha detto; e non è venuto.

Anche per questo facciamo micatantomovimento.

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