Quando un marciapiede accessibile, diventa inaccessibile
Durante un banale intervento di manutenzione è sparita la "conchiglia" che permette alle persone in carrozzina di salre o scendere. Una piccola storia, emblematica però di quanta sia la strada da percorrere verso la piena accessibilità.
Milano. Via Pola, angolo via Torquato Taramelli. Negli ultimi giorni, lungo il marciapiede che unisce queste due strade, ci sono state transenne e operai al lavoro: normale routine cittadina, che passa quasi inosservata. Se non fosse per un’improvvisa stonatura. In corrispondenza delle strisce pedonali è “sparita” la conchiglia che fino a pochi giorni fa permetteva alle persone in carrozzina, alle mamme con passeggino (e agli utenti della vicina postazione BikeMi) di salire e scendere comodamente dal marciapiede per attraversare via Pola.
Non si tratta di una svista. Né possiamo considerarla una dimenticanza. Buona prassi e la normativa vigente in materia vorrebbero che gli interventi di manutenzione o di rifacimento del manto stradale, dei marciapiedi, delle strade o delle piazze siano un’occasione per migliorarne l’accessibilità. Ad esempio installando proprio quelle rampe e le cosiddette “conchiglie” che permettono alle persone con disabilità motoria (ma non solo) di salire e scendere dai marciapiedi. Mentre laddove si riscontra una buona situazione di accessibilità, questa dovrebbe essere mantenuta o ulteriormente migliorata.
Sono episodi come questi che permettono di capire quanta sia ancora la strada da fare per ottenere una città che sia veramente “per tutti”. E non si tratta solo di una questione di centimetri. Rimettere mano al marciapiede sarà sicuramente possibile. Ma richiederà tempo, altri lavori, altre spese e altri piccoli disagi per i passanti che ogni giorno passano per quella strada.
Quella che è mancata – qui come in tante altre situazioni – è la mancanza di attenzione in fase di progettazione e di realizzazione del lavoro. Segno che le (buone) leggi vigenti restano per molti ancora sulla carta e non sono mai state veramente interiorizzate da chi pensa agli spazi pubblici della città.
Ilaria Sesana