In agricoltura, il riscatto dei ragazzi con autismo
In occasione della Giornata internazionale dedicata alla consapevolezza sull'autismo, "Agricoltura Sociale Lombardia" racconta le storie di chi, grazie a tirocini ed esperienze formative, ha trovato un lavoro.
“Il bello è assistere proprio all’emergere di abilità cognitive e relazionali e allo stesso tempo talenti che già evidentemente esistevano, solo che prima non avevano avuto la possibilità di rivelarsi. Ma soprattutto capire che questi ragazzi, il loro lavoro, il loro impegno, sono necessari per noi, così come accade in ogni rapporto professionale”. Paola Pozzo è una delle ideatrici del progetto di inclusione lavorativa “CAT – Come aut talent” e referente della cooperativa sociale “L’Officina” di Codogno (Lodi).
“CAT” si rivolge a diverse fasce di persone fragili che, per ragioni e storie diverse, faticano a trovare un lavoro stabile. Tra questi ci sono anche diverse persone con autismo cui viene data la possibilità di imparare un lavoro nel mondo dell’agricoltura. “La vera inclusione è scoprire la capacità altrui permettendole di svilupparsi anche in modo sorprendente – conclude Paola Pozzo - L’importante è dare continuità a questi progetti senza pensare che alla fine dei percorsi scolastici non ci possa essere futuro”.
Progetti come quello di “CAT” non sono affatto isolati. Al contrario si inseriscono in una fitta rete di realtà che, in questi anni, hanno scommesso sull’agricoltura per favorire l’inserimento lavorativo di soggetti fragili. Una rete che in questi anni si è strutturata nel progetto “Agricoltura Sociale Lombardia” che riunisce ben 108 realtà agri-sociali su tutto il territorio lombardo.
In occasione della Giornata Internazionale dedicata alla Consapevolezza sull’Autismo “Agricoltura sociale Lombardia” darà voce sul suo sito ad alcune delle tante esperienze emblematiche che sono state realizzate in questi anni dimostrando che anche in situazioni di fragilità è possibile svolgere un lavoro.
Storie che superano gli steccati della diagnosi dando vita a percorsi da cui scaturiscono spesso risultati sorprendenti attraverso mansioni lavorative a contatto con la natura e che si rapportano direttamente al mondo agricolo, ai suoi ritmi e sostenibilità. Agricoltura Sociale Lombardia è, infatti, una realtà operativa che promuove un insieme di iniziative coniuganti l’aspetto imprenditoriale dell’agricoltura con un programma di sviluppo orientato ai valori sociali, all’inclusione socio-lavorativa di persone con disabilità/fragilità o in situazioni di difficoltà e allo sviluppo delle comunità locali. Altri obiettivi cardine sono la creazione di una rete tra realtà agricolo-sociali lombarde e la promozione dei loro prodotti di qualità.
Ogni provincia ha il suo fiore all’occhiello ricco di aneddoti. Partiamo da Pavia dove è stato attivato con successo il progetto dal titolo “La terra che cura, cura la terra” rendendo 3 giovani con diagnosi di autismo protagonisti di lavori agricoli per una durata di esperienze dai tre ai sei mesi. “Seguiti da figure specifiche chiamate ortoterapisti, i ragazzi hanno dato il meglio di sé in attività che richiedevano attenzione e continuità” racconta Moreno Baggini, referente provinciale per il territorio pavese della rete di Agricoltura Sociale Lombardia.
Traguardi che lasciano il segno su questo fronte anche da parte del territorio mantovano di cui il Centro Polivalente Bigattera (centro di formazione e di avviamento al lavoro) è un esempio notevole. In questo luogo non solo i ragazzi con autismo hanno potuto mettersi alla prova e imparare a svolgere alcune mansioni ma “alla luce di queste esperienze laboratoriali per Marco è stato individuato un ambito dove potesse applicare la sua straordinaria manualità fine, quindi è stato inserito in una cooperativa che fa attività di assemblaggio di piccoli oggetti. Michele, invece, vista la straordinaria capacità di eseguire un compito in tempi standard, è stato inserito in un'azienda che smista documenti attraverso l'utilizzo di scanner”, racconta la responsabile del centro Albertina Chirico. Un risultato importante se si pensa che Michele era arrivato a Bigattera dopo un periodo di ben sei anni a casa, Marco dopo un periodo di quattro. “Da queste esperienze sono scaturite due assunzioni a tempo indeterminato”, conclude Chirico.