Miriam e il sogno (andato in fumo) dell'alberghiero
"Nelle scuole superiori che avevo visitato non c'erano le condizioni minime perché una ragazza come me potesse frequentarle", si legge in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera. Il commento di LEDHA.
Miriam ha 15 anni e la sindrome di Down. E sogna di diventare una cuoca. Per questo motivo, in terza media, durante la fase di orientamento scolastico aveva scelto di frequentare l'istituto alberghiero. Un progetto che la ragazza non è riuscita a realizzare: “Nelle scuole superiori che avevo visitato non c'erano le condizioni minime perché una ragazza come me potesse frequentarle”, si legge in una lettera pubblicata sull'edizione bergamasca del Corriere della Sera.
Un solo istituto sembrava disposto ad accogliere la ragazza. Ma la presenza di un lungo tratto da percorrere a piedi (eccessivo per Miriam, che ha già subito diversi interventi al cuore) ha mandato in fumo anche quest'ultima opzione. “Con i miei genitori e i prof che hanno amorevolmente smontato l'idea dell'istituto alberghiero (mia unica possibilità di andare in una scuola aperta a tutti). Ho dunque scelto una scuola professionale solo per diversamente abili”, si legge nella lettera.
Una situazione che, purtroppo, si verifica spesso. Capita infatti che le scuole pongano un ostruzionismo più o meno “velato” rispetto alle richieste di iscrizioni dei ragazzi con disabilità, in modo particolare per quanto riguarda le scuole superiori. Orientando così la scelta verso altri tipi di istituto “per il (presunto) bene del ragazzo”.
Eppure la normativa in materia di inclusione scolastica parla chiaro. La legge 104/1992 (art. 12, c. 2) garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione della persona con disabilità “nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie”.
“Un istituto scolastico che non accetta un'iscrizione per la presunta o dichiarata impossibilità a garantire condizioni minime indispensabili per tutelare il diritto all'istruzione degli alunni con disabilità non manifesta una semplice carenza di sensibilità: commette una grave violazione di un diritto garantito dall’art. 34 della Costituzione Italiana e dall’art. 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e attua una grave forma di discriminazione, vietata dalla Legge 67/2006”, commenta l'avvocato Giulia Grazioli del Centro Antidiscriminazione “Franco Bomprezzi”.
Anche per quanto riguarda il trasporto la normativa parla chiaro e non stabilisce nessuna limitazione in ordine alla portata territoriale del servizio. Inoltre, se necessario devono essere attivati servizi di trasporto specifici che garantiscano alla studentessa la frequenza scolastica.
La mancanza di un servizio di trasporto, la mancanza di insegnanti di sostegno, l'insufficienza delle ore di assistenza e la mancanza di un programma individualizzato per l'inserimento di uno studente con disabilità non sono mai ragioni valide per scoraggiare o sconsigliare la frequenza della “scuola per tutti”.
Come LEDHA ci chiediamo, quindi, se Miriam e la sua famiglia abbiano ricevuto tutte le informazioni necessarie in merito ai diritti della giovane studentessa. Informazioni essenziali che avrebbero permesso alla ragazza e ai suoi genitori di valutare in maniera diversa la situazione. E magari chiedere con più forza che a Miriam fosse garantito il diritto di frequentare il corso di studi che preferisce”.
Attraverso l'attività del Centro antidiscriminazione “Franco Bomprezzi”, LEDHA è impegnata quotidianamente nella tutela dei diritti delle persone con disabilità. Per questo torniamo a rivolgerci a tutti i ragazzi e le ragazze come Miriam e ai loro genitori: il diritto all'istruzione è inviolabile e garantito per legge. Non può essere mai “compresso” per motivi di convenienza né per ragioni economiche. Vi invitiamo a rivolgervi al Centro antidiscriminazione “Franco Bomprezzi” per chiedere informazioni sui vostri diritti e trovare aiuto per vederli rispettati e per segnalare quando questi vengono violati.
In allegato la lettera pubblicata dal Corriere della Sera - Bergamo e la lettera che LEDHA ha inviato al quotidiano