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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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08/05/2015

Persone con disabilità, non malati

Una recente sentenza del TAR accoglie il ricorso dell'associazione “Senza Limiti” e impone l'obbligo degli educatori di formazione sanitaria nei Centri diurni disabili. LEDHA pubblica un articolato parere legale

Lo scorso 5 marzo, il Tribunale amministrativo della Lombardia ha accolto il ricorso presentato dall'associazione “Senza Limiti” che chiedeva l'annullamento del bando di gara pubblicato dall'azienda speciale “Insieme per il sociale” per l'affidamento dei servizi a carattere educativo, socio assistenziale e di supervisione presso il Centro Diurno Disabili, nei Comuni di Cinisello Balsamo e Cusano Milanino.
 L'associazione “Senza Limiti” contestava il fatto che nel bando venissero richieste per  le figure del Coordinatore e dell'Educatore, il diploma di laurea in Scienze dell'educazione e del diploma triennale di “Educatore Professionale”. Richiedendo, invece, come requisito essenziale, il possesso del titolo di “Educatore Professionale” rilasciato dalle facoltà di Medicina e chirurgia. Il Tar ha accolto il ricorso dell'associazione e annullato il bando di gara, ma il consorzio dei Comuni ha deciso di ricorrere in appello davanti al Consiglio di Stato.

Sulla vicenda, LEDHA – Lega per i diritti delle persone con disabilità si è espressa con un articolato parere legale in cui evidenzia con chiarezza come non si possano considerare le persone con disabilità come dei malati. “È indubbio che le persone con disabilità non desiderano, e quindi non devono, essere trattate come dei malati”, scrive l'avvocato Laura Abet del Servizio Legale Antidiscrimatorio di LEDHA. Per questo motivo considerare incoerente la figura professionale dell'educatore che deve gestire tutte le attività del CDD “è un fatto grave. Significa aver travisato la natura integrata del servizio”.


Nel corso di una giornata, all'interno del CDD si svolgono diverse attività rivolte alla riabilitazione, all'educazione e all'inserimento nella società delle persone. L'obiettivo dei CDD, infatti, è quello di favorire  l'inclusione sociale delle persone con disabilità, di individuare i bisogni assistenziali e i bisogni educativi valorizzando le risorse della comunità e tutti gli interventi di carattere realmente abilitativo e in via residuale. “Il Giudice esprime il suo giudizio facendo riferimento a un servizio complesso, va bene. Ma giunge poi frettolosamente alla conclusione che si tratti di un servizio prevalentemente sanitario”, scrive Abet. Questo assunto “non può essere accettato né dalle persone che lo frequentano né tantomeno da un’associazione come LEDHA a difesa dei diritti delle persone con disabilità”.

Il parere legale di LEDHA precisa come il CDD non possa essere paragonato a un ospedale perché le persone non necessitano di cure sanitarie costantemente, otto ore al giorno. Di sicuro, nessuno vorrebbe essere ricoverato in day hospital dalle 9.00 alle 16.00 di ogni giorno. Certamente nessuna norma Regionale o Nazionale lo dichiara.
“Alla luce di tutto quanto sopra, vogliamo ribadire e concludere come l'approccio corretto ai temi della disabilità possa essere solo quello bio-psicosociale e non certamente quello solo sanitario  – conclude l'avvocato Abet –. Auspichiamo che il ricorso in appello al Consiglio di Stato da parte del Consorzio dei Comuni possa trovare accoglimento in quanto la sentenza in questione non può non essere considerata ingiusta e lesiva degli interessi delle persone con disabilità da parte delle persone oltre che da LEDHA”.

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