Bomprezzi (Pd): "Ripartire dai diritti"
Giornalista e scrittore, portavoce di Ledha indica i "nemici" da sconfiggere "se vogliamo crescere insieme e ripartire": discriminazione non vista, esclusione sociale data per scontata.
Classe 1952, Franco Bomprezzi è giornalista e scrittore. Atualmente "freelance" per scelta, si dedica alla comunicazione sociale e all'informazione sulla disabilità attraverso i blog "Francamente" su Vita.it e "In-Visibili" su Corriere.it. Nominato Cavaliere dal Presidente della Repubblica è il portavoce di Ledha - Lega per i diritti delle persone con disabilità. E' candidato nelle liste del Pd (Milano e provincia).
1.In politica si sale o si scende? Ancora una volta in prima linea, perché?
Non salgo e non scendo, resto alla mia altezza. Il fatto che si parli di movimento, in politica, la dice lunga sull'importanza della mobilità. Ma questo è un altro discorso. Ancora una volta in prima linea perché amo le sfide, e sono quasi incapace di pronunciare la parola "no". E poi perché la politica è il sale della democrazia e la prima forma di partecipazione senza barriere.
2. Come mai ha scelto di candidarsi nelle liste del PD?
Sono iscritto al Pd dall'anno della sua fondazione, anche se non ho mai avuto il modo né il tempo di impegnarmi attivamente a livello interno. Il Partito Democratico rappresenta in Italia un luogo plurale di confronto e di progettazione del futuro, nella direzione di una società che tenga conto dei diritti di tutti, e non solo del potere dei più forti. E' un punto di equilibrio fra esigenze di riscatto e di protesta contro le ingiustizie, e di cultura riformatrice e progressista, nella scia dell'Europa socialista e laburista. Mi ci trovo bene, anche perché non è una formazione politica faziosa. In Lombardia poi è già in atto un forte rinnovamento dei quadri dirigenziali, e quindi a maggior ragione non mi sento fuori posto, pur rispettando profondamente le idee altrui, anche quando sono molto lontane dalle mie".
3. Il suo programma elettorale spazia su diversi punti ma in particolare si sofferma sul rispetto dei diritti umani: riforma del welfare e il diritto all'istruzione; la mobilità e l'accessibilità per tutti, il lavoro. Se dovesse riassumerlo in poche parole chiave, quali sceglierebbe?
Il welfare pubblico va ripensato, ma non abbandonato. Occorre fare rete fra esperienze, competenze e interessi sociali ed economici convergenti. La ripresa economica non può esserci senza una piena utilizzazione delle risorse umane, materiali e culturali di tutti, nessuno escluso. La discriminazione non vista, l'esclusione sociale data per scontata: ecco, questi sono i nemici da sconfiggere, se vogliamo crescere insieme e ripartire.
4. Parlando di disabilità, quali sono le priorità da aggredire?
La presa in carico globale, prima di ogni altra cosa. Ripartire dai diritti e dai bisogni reali delle persone con disabilità e delle loro famiglie; creare una connessione diretta fra Regione e Comuni, senza dimenticare le competenze delle Province; finanziare subito il fondo sociale in modo adeguato attraverso un'operazione di coordinamento fra bilancio della sanità e bilancio del welfare; puntare subito al tema della mobilità e del lavoro, che sono connessi fra di loro: molto spesso le persone con disabilità non sono neppure in condizione di raggiungere fisicamente un eventuale (spesso ipotetico) posto di lavoro.
5. Nel concreto, quali provvedimenti vorrebbe portare a casa entro i primi cento giorni?
Un finanziamento immediato ben superiore ai 70 milioni strappati dopo una dura lotta delle associazioni. Un potenziamento del tavolo regionale tecnico per la disabilità, evitando centralismi e rigidità; vorrei riprendere in mano la filiera dei progetti di vita indipendente, per verificare in che modo intervenire a sostegno dei progetti che sono stati in buona misura bloccati per mancanza di risorse ma anche di servizi; avviare il ripensamento dei voucher, che richiede un tavolo di concertazione serio fra i vari stakeholders del sociale, che non sono evidentemente solo i gestori dei servizi.
6. Uno dei temi che più stanno a cuore alle associazioni di persone con disabilità e ai loro familiari è la vita indipendente, diritto sancito dalla legge 162/98 che però spesso viene disattesa. Cosa può fare la Regione?
La Regione non può, DEVE essere alla guida di una piena attuazione della legge 162, aiutando le persone nel rapporto spesso difficile con i singoli Comuni, specie quelli più piccoli, che da soli non sono in grado di dare risposte adeguate. Un trasferimento calibrato di risorse in favore della Vita Indipendente otterrebbe due risultati evidenti: un risparmio complessivo della spesa per soluzioni residenziali; un aumento considerevole di opportunità di vita normale per persone che attualmente devono rinunciare a qualsiasi progetto di emancipazione.
7. Altro tema caro ai genitori di persone con disabilità è il "dopo di noi". In che modo è possibile dare risposte concrete al bisogno di queste famiglie? Ci sono esperienze pilota (regionali, ma non solo) che sarebbe possibile replicare?
Certo. Qui occorre essere chiari, le Fondazioni che nascono solo dalla buona volontà delle famiglie non possono andare lontano. In Lombardia è possibile mettere mano a un progetto finanziario di grande peso, nel quale confluiscano risorse del sistema bancario e assicurativo, risorse pubbliche, investimenti del settore edilizio e imprenditoriale in generale, risorse patrimoniali delle famiglie sotto forma di consorzi e di cooperative. Il "Dopo di noi" dipende molto dalla visione del "durante noi". Occorrono scelte forti e condivise.
8. Complice la crisi economica, le persone con disabilità faticano ancora di più a trovare lavoro: sempre più aziende preferiscono pagare una multa per essere esentati dall'obbligo di assunzione previsto dalla legge 68. Regione Lombardia gestisce il Fondo per l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità e quest'anno ha stanziato 35 milioni di euro per questo scopo. In che modo investire queste risorse? E il sistema delle doti può essere ancora una risposta al problema oppure si tratta di uno strumento da rivedere?
Ci sono inserimenti lavorativi che con questo sistema costano in misura spropositata, quasi vanificando il senso stesso della legge, e soprattutto rendono inattuabile l'obiettivo di trasformare la disabilità in una risorsa produttiva. Occorre un investimento forte in formazione per le aziende, in modo da superare la barriera culturale che tuttora è il primo ostacolo all'assunzione, sotto qualsiasi forma contrattuale, di una persona con disabilità, fisica, sensoriale o intellettiva. Occorre aumentare la deterrenza, se le multe sono preferibili rispetto all'assunzione; è necessario rivedere il sistema delle doti, dispendioso e inefficace; occorre ripensare, assieme al terzo settore, il ruolo delle cooperative sociali di tipo B, in modo da favorire start up di attività imprenditoriali capaci di intercettare domande moderne di servizi e di prodotti, nei quali le competenze delle persone con disabilità possano essere proficuamente utilizzate (penso ad esempio alle migliaia di studenti universitari con disabilità, che stentano, perfino loro, a trovare una qualsiasi occupazione)".
9. Una delle sfide più impegnative per la prossima giunta regionale sarà la riforma del welfare. Se sarà eletto in consiglio, quali saranno i suoi capisaldi su questo tema?
Massima attenzione alla definizione dei servizi essenziali, riprendendo i principi fondanti della 328; definizione dei criteri di partecipazione alla spesa, partendo da una revisione dell'Isee che tenga conto dell'effettivo carico di spesa nelle famiglie in cui vivono persone con disabilità; maggiore attenzione ai servizi di assistenza domiciliare; promozione della Vita Indipendente; separazione e delimitazione della spesa per le persone anziane non autosufficienti dalla spesa destinata ai servizi per le persone con disabilità; miglioramento dei servizi destinati ai bambini con disabilità, a partire dalla connessione fra diagnosi funzionale e servizi sociali, scolastici e riabilitativi; utilizzazione delle risorse professionali di persone adulte con elevata competenza, espulse dal mercato del lavoro, per piani mirati di lavori socialmente utili nei campi strategici della progettazione e della rete dei servizi".
10.Perché le persone con disabilità dovrebbero votarla?
“Perché mi conoscono, perché da una vita siamo insieme e parliamo la stessa lingua, la lingua dei diritti e della non discriminazione".
11. Perché le persone non-disabili dovrebbero votarla?
Perché la mia vita non si esaurisce certo nella dimensione della disabilità. Sono una persona a trecentosessanta gradi, da giornalista ho avuto modo di svolgere anche mansioni di coordinamento e di direzione del lavoro di persone competenti, in assoluta normalità, senza sconti. E poi perché una persona con disabilità è prima di tutto un esperto nella soluzione di problemi complessi. E nella società di oggi il problem solving è la prima risorsa da utilizzare per governare il cambiamento.