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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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16/01/2013

La Corte Costituzionale interviene sulla normativa Isee: cosa cambia per Comuni e famiglie

La complessa e controversa questione della compartecipazione al costo dei servizi sociali e socio-sanitari è stata recentemente posta sotto il vaglio della Corte Costituzionale con due sentenze del 19 dicembre 2012, la n. 296 e 297.

La prima riguarda il rapporto tra la Legge toscana (L.r. 66.2008) e la normativa statale Isee attualmente in vigore (Decreto Legislativo 109.1998).
La seconda riguarda invece la futura normativa statale di riforma dell'Isee contenuta nel Decreto Legge 201.2011 convertito in Legge 214.2011, non ancora attualmente in vigore in quanto la sua operatività è subordinata all'emanazione di un successivo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si tratta di due pronunce che in realtà non entrano nel merito dei principi e delle regole stabilite dalla normativa nazionale presente e futura, ma ne limitano comunque l'applicabilità per motivi di errata applicazione dei principi costituzionali nel rapporto Stato-Regioni.
Per comprendere bene il senso di queste due pronunce occorre infatti tenere ben presente come in questo ambito, ovvero quello dei Servizi Sociali, la competenza a decidere le regole spetta sia allo Stato che alle Regioni. Se da una parte alle Regioni - dopo la riforma del Titolo V - è stata affidata la competenza specifica nel disciplinare la programmazione, l'organizzazione e l'erogazione dei servizi sociali, dall'altra, allo Stato rimane affidato il compito di definire e regolamentare i livelli essenziali delle prestazioni sociali.
Questa doppio livello istituzionale ovviamente riguarda anche la disciplina della compartecipazione al costo di tali servizi, nel senso che le Regioni possono fissare delle proprie regole ma sempre nel rispetto dei Livelli Essenziali fissati dallo Stato.
Negli ultimi anni il contenzioso su questi aspetti è letteralmente esploso e ciò ha dato modo alla giurisprudenza amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) di consolidare un orientamento che considerava la materia della compartecipazione al costo dei servizi sociali strettamente legata alla stessa definizione dei Livelli di Assistenza. Secondo tale orientamento pertanto i principi contenuti nella normativa statale Isee, compreso il principio dell'evidenziazione della situazione economica individuale, costituivano essi stessi Livelli Essenziali (di competenza statale in virtù dell'art. 117 secondo comma lett. m) e non potevano pertanto essere violati dalle normative regionali e tantomeno dai singoli regolamenti comunali
Le contestazioni sollevate da Regioni e Comuni in ordine alla non completa attuazione di tale normativa statale, causata dalla mancata emanazione del Dpcm attuativo, non erano quasi mai state accolte dai Tar e dal Consiglio di Stato. Questi organi giudiziari avevano infatti sempre considerato sufficientemente chiaro e vincolante il principio dell'Isee individuale anche senza un successivo decreto di attuazione.
La conseguenza di questo consolidato orientamento giurisprudenziale è stato quello di portare il nostro legislatore statale ad ipotizzare una riforma che potesse, dopo anni di aspro contenzioso, fornire una soluzione il più equilibrata possibile tra i diversi interessi in gioco. Dal momento che le numerose sentenze consideravano la regolamentazione dell'Isee come un vero e proprio livello essenziale, solo lo Stato avrebbe potuto apportare delle modifiche. E così in effetti è avvenuto con la riforma del 2011, oggetto della seconda sentenza della Corte Costituzionale.
Per poter valutare gli effetti di queste due pronunce è comunque opportuno considerarle e analizzarle nel loro insieme in quanto la seconda sentenza contiene argomentazioni che aiutano a trovare il senso complessivo di questo importante intervento del c.d. Giudice delle Leggi
Cominciamo dalla prima pronuncia
La sentenza 296 nasce da una controversia portata davanti al Tar Toscana che, nel decidere un ricorso in materia di compartecipazione al costo di una Rsa, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale di una norma della Legge Regione Toscana 66.2008.
La Legge toscana (art. 14 comma 2 lett. c) L.r. 66.2008) infatti prevede che, nel caso di prestazioni di tipo residenziale, la compartecipazione dovuta dalla persona beneficiaria del servizio (anche se ultrasessantacinquenne o in condizioni di handicap grave) debba sempre essere calcolata tenendo conto non solo della sua situazione economica individuale ma anche di quella del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado.
Questa disciplina pertanto contrasterebbe con la normativa nazionale Isee che in questi casi impone di tener conto solo dei redditi e dei patrimoni del beneficiario del servizio (art. 3 comma 2 ter Dlgs 109.1998).
L'intervento della Corte Costituzionale si è reso necessario proprio perché nel corso degli ultimi anni numerose sentenze dei Tar e del Consiglio di Stato avevano affermato il principio secondo cui i criteri di valutazione della condizione economica dei beneficiari di questi tipi di servizi, essendo funzionali e strumentali all'accesso a prestazioni considerate essenziali, dovevano configurarsi essi stessi come dei livelli essenziali delle prestazioni e pertanto potevano essere regolamentati solo dallo Stato ai sensi dell'art. 117 secondo comma lettera c)
Ecco quindi che il Tar Toscana ha ritenuto che il principio dell'Isee individuale, essendo un livello essenziale, avrebbe dovuto essere rispettato anche dalle normative regionali nonostante le stesse - nella materia dei servizi sociali con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 - avessero acquisito competenza legislativa esclusiva.
Di fronte a questo forte dubbio di incostituzionalità della legge toscana, la Corte Costituzionale ha in realtà evidenziato come la norma della Legge 109.1998 che ha introdotto il principio dell'Isee singolo non può qualificarsi come livello essenziale delle prestazioni in materia di servizi sociali ma semplicemente deve essere considerata una norma contenente principi e criteri direttivi che necessitano di essere attuati da un successivo dpcm. Senza questo Dpcm - a parere dei giudici costituzionali - la norma (art. 3 comma 2 ter Dògs 109.1998) così come risulta formulata non è sufficientemente precisa e pertanto non può ritenersi produttiva di un livello essenziale.
Secondo questa prima sentenza l'attribuzione allo Stato della competenza esclusiva sui Lea si riferisce solo alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni ritenute essenziali. Il contenuto di questa norma statale risulterebbe carente proprio nell'individuazione specifica delle prestazioni da erogare per le quali occorra applicare la regola dell'Isee individuale
In conclusione, con la sentenza 296 la Corte Costituzionale di fatto - superando l'orientamento giurisprudenziale consolidatosi sino ad oggi - ritiene che la normativa regionale possa, diversamente dalla normativa nazionale, non applicare la regola dell'Isee individuale.
Senonchè se ci si limitasse a tener conto solo di questa prima sentenza si potrebbe sostenere che la definizione dell'intera materia della compartecipazione alla spesa sociale da parte dei cittadini destinatari delle prestazioni non rientri in alcun modo nell'ambito dei livelli essenziali ma attenga invece alle loro modalità organizzative rimesse alla competenza regionale residuale. Secondo questa prima sentenza in altre parole le Regioni avrebbero piena liberta di regolamentare i criteri di accesso economici come meglio credono.
Nella seconda sentenza, la n. 297, relativa ad un ricorso della Regione Veneto contro la riforma dell'Isee del dicembre 2011, in realtà la Corte Costituzionale sembra invece sostenere una posizione diversa. Infatti evidenzia come la normativa statale Isee sia tendenzialmente inquadrabile nella competenza legislativa esclusiva dello Stato relativa alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali. Infatti la stessa Regione Veneto - che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale davanti alla Corte - ritiene che la disciplina dell'Isee rientri nella competenza esclusiva dello Stato, ma tale competenza non possa essere esercitata senza la collaborazione ed il preventivo coinvolgimento delle Regioni attraverso lo strumento della previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
Ed è proprio la Corte Costituzionale che, nel decidere la questione di costituzionalità, espressamente inquadra la disciplina dell'Isee nella competenza esclusiva dello Stato. Ciò perché tale normativa Isee determina concretamente il livello di accesso alle prestazioni sociali ritenute essenziali. In altre parole tale disciplina - secondo le parole della Corte - si risolve nella identificazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale.
Pertanto, se da una parte la Corte riconosce la natura giuridica di livello essenziale di assistenza alla disciplina Isee affidandone la competenza esclusiva allo Stato, dall'altra però ritiene che tale competenza non possa essere esercitata senza la collaborazione ed il coinvolgimento delle Regioni. Ed proprio la mancanza di tale coinvolgimento che ha portato a ritenere incostituzionale la recente riforma Isee del dicembre 2011 proprio laddove non si prevede che il dpcm attuativo debba essere emanato previo accordo con la Conferenza Stato-Regioni
Dalla lettura combinata ed unitaria delle due pronunce della Corte Costituzionale si possono trarre in poche parole questi principi:

  1. La normativa Isee ed in generale il tema della compartecipazione al costo dei servizi va qualificata come materia che costituisce Livello Essenziale e pertanto di generale competenza statale.
  2. Questo però non significa che tutta la normativa Isee sia espressione di un Livello Essenziale. Occorre infatti che la normativa sia formulata in modo chiaro e preciso. Infatti la mancata emanazione del dpcm attuativo non consente alla regola dell'Isee individuale di essere considerata livello essenziale
  3. Qualsiasi modifica della normativa Isee ed in generale qualsiasi intervento riguardante una materia considerata espressione di Livelli Essenziali di Assistenza deve necessariamente passare attraverso il coinvolgimento delle Regioni.

Alla luce delle considerazioni ed argomentazioni utilizzate dalla Corte Costituzionale ci si chiede ora quali possano essere le ricadute sugli Enti Locali che gestiscono i Servizi Sociali e che debbono concretamente definire i criteri di accesso alle prestazioni. Ma soprattutto, quali spazi di tutela rimangono alle persone con disabilità e ai loro familiari di fronte a richieste di compartecipazione eccessive o inique?
Gli Enti Locali nel definire i propri regolamenti in materia di compartecipazione al costo dei servizi sociali e socio-sanitari dovranno innanzitutto vedere cosa prevede la legge regionale. Ovviamente se tale normativa stabilisce il principio dell'Isee individuale essi saranno obbligati ad applicarlo. In caso contrario (come avviene per la Legge Toscana) no.
Rimane poi ovviamente aperta la possibilità per gli Enti Locali particolarmente sensibili , di prevedere nei propri regolamenti non solo l'applicazione dell'Isee Individuale ma anche la gratuità per alcuni Servizi a prescindere dalla valutazione della situazione economica del beneficiario.
Occorre peraltro evidenziare come le normative regionali non potranno regolamentare la materia in modo completamente libero in quanto vi sono parti della normativa nazionale sull'Isee che senza alcun dubbio costituiscono espressione di un livello essenziale e che come tale deve essere pienamente rispettato.
Si pensi ad esempio alla corretta applicazione del concetto di famiglia anagrafica. La normativa Isee nazionale, nello stabilire il concetto di Isee familiare, fa chiaramente riferimento alla famiglia anagrafica, per cui una normativa regionale o un regolamento comunale che prevedessero il computo dei redditi e del patrimonio anche di parenti non conviventi sarebbe - a mio parere - in contrasto con la normativa nazionale Isee e quindi in contrasto con un Livello Essenziale.
La stessa Legge Toscana nel prevedere il computo di redditi e patrimoni dei parenti in linea retta entro il primo grado non sembra fare alcuna distinzione tra parenti conviventi e non conviventi. E questa parte della norma regionale a mio avviso non è stata presa in considerazione dalla Corte Costituzionale che si è soffermata solo sulla cogenza del principio dell'Isee individuale.
Un altro profilo che costituisce indubbiamente espressione di Livello Essenziale o quanto meno rientra in ambiti di indubbia competenza statale è la compartecipazione dei parenti (cosa ben diversa dal coinvolgimento degli stessi ai fini del calcolo dell'Isee). La normativa nazionale Isee è chiara nello stabilire che non si può inoltrare ai parenti (conviventi o meno) alcuna richiesta di contribuzione (art. 2 comma 6 Dlgs 109.1998). Pertanto continuano ad essere illegittimi tutti quei regolamenti comunali che prevedono ancora oggi la possibilità di rivalersi sui parenti del beneficiario del servizio. Lo stesso discorso vale per i legislatori regionali, i quali non potranno regolamentare questo aspetto in modo diverso dalla normativa statale.
Si tenga peraltro presente come la stessa Legge Regionale Toscana specifichi come le forme di compartecipazione ai costi dei servizi sociali riguardino la persona assistita e non i suoi parenti. Lo stesso comma della Legge Regionale sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale fa riferimento alla "quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita".
Quanto invece alle persone con disabilità che usufruiscono dei Servizi Sociali e dei Servizi Socio-sanitari, questa pronuncia - pur se ovviamente non consente più in questo momento di pretendere l'applicazione dell'Isee individuale (salvo lo preveda la stessa normativa regionale o un regolamento comunale) -non preclude alle stesse il diritto ad una compartecipazione equa e ragionevole. Questo significa che continuano ad essere illegittime e pertanto contestabili richieste di compartecipazione sproporzionate ed eccessive che privano la persona con disabilità e i loro familiari di una ingente parte del loro patrimonio e reddito.
Altrettanto illegittima continua ad essere l'aggressione del patrimonio e dei redditi dei propri familiari attraverso richieste di contribuzione da parte degli Enti Locali. Il principio giuridico fondamentale di riferimento continua a rimanere quello secondo il quale ogni soggetto giuridico è responsabile dei propri debiti e dei propri crediti. Questo significa che solo alla persona con disabilità beneficiaria del servizio potranno essere richiesti contributi per le prestazioni di cui usufruisce e non i suoi parenti.
Questo principio costituisce peraltro espressione di un più generale principio sancito dalla Convenzione Onu dei Diritti delle Persone con Disabilità, quello della autonomia individuale e della indipendenza.
A conclusione di queste mie considerazioni ed in attesa che la Conferenza Stato-Regioni dia il via libera alla riforma nazionale dell'Isee del dicembre 2011 ritengo che questo intervento della Corte Costituzionale possa paradossalmente aumentare il contenzioso su questa delicata materia anziché contenerlo. Sono infatti ancora troppi i profili di illegittimità nelle richieste di compartecipazione fatte alle persone con disabilità e ai loro familiari, richieste che nascondono un approccio culturale e giuridico inaccettabile, ovvero quello che la disabilità sia un "problema" ed un "costo" che deve essere affrontato dalle famiglie in cui è presente e non dell'intera collettività, come invece prevede la nostra Costituzione.

 

Avv. Gaetano De Luca
Servizio Legale Ledha

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