Pagare il giusto: la parola ritorni alla Politica
La Corte Costituzionale afferma la competenza regionale in materia di partecipazione alla spesa dei servizi. Cambia l’interpretazione delle norme ma rimangono i problemi. Tocca alla Politica ed alle Istituzioni trovare le risposte adeguate.
Due sentenze della Corte Costituzionale stanno avendo l'effetto di ridisegnare i contorni di una materia molto delicata come quella della partecipazione alla spesa dei servizi socio assistenziali e sociosanitari.
In estrema sintesi la Corte, con il primo provvedimento (Sentenza 296), afferma che, sulla materia, la competenza è nelle mani delle Regioni e che la precedente legislazione statale non possa essere considerata preordinata ai livelli essenziali di assistenza, come invece affermato in precedenza dal Consiglio di Stato.
Inoltre con il secondo pronunciamento (Sentenza 297) ribadisce come ogni intervento della Stato in materia debba essere assunto in collaborazione tra Stato e Regioni e non con interventi unilaterali da parte centrale.
Nei fatti una vera rivoluzione.
Come è noto la questione della partecipazione alla spesa dei servizi assume una grande rilevanza quando, a partire dai primi anni 2000, molte amministrazioni comunali, per far fronte ai problemi di bilancio, iniziano a chiedere sempre più soldi alle famiglie delle persone con disabilità per accedere e frequentare servizi di diurni e residenziali sia di carattere socio assistenziale che socio sanitario.
Sulla questione le associazioni hanno assunto negli anni posizioni sempre più nette, sia da un punto di vista generale - culturale che da un punto di vista legale. In particolare la campagna LEDHA "Pagare il giusto", avviata nel 2006 si basava "sulla convinzione che le richieste di partecipazione al costo dei servizi dovessero essere considerati strumenti di politica sociale e non di sostegno alle casse comunali e che le richieste economiche alle persone con disabilità dovessero tenere conto che questa condizione di vita nella nostra attuale organizzazione sociale produce una situazione di impoverimento dei nuclei familiari."
Una campagna che chiedeva il rispetto di quanto previsto dal D.Lgs 130/2000, che modificando la precedente legge istitutiva dell'Isee (Legge 109/98), affermava che nel caso delle persone con grave disabilità dovesse essere preso in considerazione il solo reddito della persona e non quello del suo nucleo familiare.
Una presa di posizione che, da politica, divenne anche di natura legale. In questi anni sono stati centinaia i ricorsi presentati e vinti al TAR e in alcuni casi già confermati dal Consiglio di Stato, contro diverse amministrazioni comunali accusate di chiedere forme di partecipazione alla spesa non rispettose della Legge.
Ora la sentenza della Corte Costituzionale nel riconoscere su questa materia il primato della legislazione regionale afferma come il D.lgs 130/2000 non sia da considerarsi vigente, anche in virtù della mancata applicazione di un decreto attuativo e che, quindi, non possa essere considerato un Livello Essenziale di Assistenza.
A rinforzo di questa posizione nella successiva sentenza numero 297, la Corte, in merito alla previsione di riforma dell'Isee prevista dal cosiddetto "Salva Italia", accogliendo il ricorso della Regione Veneto ha stabilito che qualsiasi ipotesi di riforma dovrà essere concordata tra Stato e Regioni.
Tutto azzerato dunque? Via libera ai Comuni a chiedere quanti soldi ritengano giusto alle famiglie delle persone con disabilità?
Non esattamente, perché è innanzitutto ovvio che comunque ogni regolamento dovrà tenere conto della norma che istituisce l'Isee, come dei principi affermati dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che essendo stata ratificata dallo Stato Italiano è a tutti gli effetti una legge vigente.
Ma è soprattutto evidente che la Corte Costituzionale abbia indicato come un tema di questa natura non possa che essere affrontato e risolto per via politica, richiamando le istituzioni, innanzitutto lo Stato e le Regioni ma ovviamente anche i Comuni, ad assumersi le proprie responsabilità, ad uscire dall'impasse e finalmente a trovare una soluzione giusta, condivisa e sostenibile al problema.
La parola torna quindi alla Politica ed alle Istituzioni.
Giovanni Merlo