Ambrogino d'oro per un “operaio del sociale”
Così si definisce Michele Procopio, 73 anni, presidente dell'associazione “Presente e futuro” che il 7 dicembre riceverà il prestigioso riconoscimento.
"Per tutta la vita ho fatto l'operaio. E ora sono un operaio del sociale". Un impegno concreto e costante che è valso a Michele Procopio, presidente dell'associazione "Presente e futuro onlus", l'Ambrogino d'oro. La più alta onorificenza che ogni anno viene assegnata dal Comune di Milano ai sui cittadini che si sono impegnati per il bene della città. Procopio, 73 anni, nato in Calabria ma residente a Milano dal 1966, riceverà la medaglia il 7 dicembre, nel corso della cerimonia che si svolgerà al Teatro Dal Verme.
Un impegno che ha inizio nel 1969, con la nascita della figlia Isabella. "Solo con il tempo io e mia moglie ci siamo resi conto della sua disabilità - ricorda -. Ma fin da subito ci siamo detti che mettendoci a piangere non avremmo risolto i nostri problemi né quelli di nostra figlia". Inizia così una lunga stagione di impegno e di battaglie: la prima per ottenere l'inserimento nella scuola ordinaria. "C'erano ancora le scuole speciali - spiega -. Quando ne ho vista una ho giurato a me stesso che Isabella non ce l'avrei mai mandata".
Tante battaglie, che Procopio non ha mai combattuto in solitaria: fin dall'inizio è riuscito a coinvolgere altri genitori del quartiere Gallaratese. "Sono uno stimolatore. Ho la capacità di portare avanti progetti e iniziative - sorride -. Ma se un generale va alla guerra senza soldati si trova presto solo". Tra gli anni Ottanta e Novanta, Procopio è molto attivo anche all'interno delle istituzioni scolastiche (Consiglio di circolo e Consiglio di istituto), della politica locale (consigliere di Zona 8) e del Coordinamento genitori.
Ultimo tassello di questo percorso, la costituzione dell'associazione "Presente e futuro", fondata nel 2000 e che affonda le sue radici proprio nel passato di impegno sociale e politico delle famiglie del Gallaratese. "Il focus centrale dell'associazione è il dopo di noi - spiega Procopio -. Per assicurare ai nostri familiari una vita autonoma e indipendente nel quartiere dove sono cresciuti. Per non essere strappati dal tessuto sociale dove si sono radicati".
Con questo obiettivo in mente è nata "Casa Betti", un appartamento di 180 metri quadri messo a disposizione dalla parrocchia dei Santi Martiri e che è stato adattato per accogliere un gruppo di otto ragazzi con varie forme di disabilità. Tre camere doppie, due singole, tre bagni, locali per gli educatori, cucina e spazi comuni. "Casa Betti è stata pensata come un accompagnamento dal durante noi al dopo di noi - spiega Procopio -. Per costruire un percorso di autonomia per i nostri ragazzi". Un'alternativa concreta al ricovero nelle Rsd, che spesso sradicano le persone con disabilità rimaste sole dopo il decesso dei genitori dal loro quartiere e dal tessuto sociale in cui sono inseriti.
La gestione della casa è affidata alla cooperativa "Azione solidale", mentre "Presente e futuro" si occupa della raccolta fondi. "Al momento Casa Betti è un'esperienza unica in Italia. Ma stiamo lavorando per costruire un secondo appartamento qui nel quartiere, per dare risposta alle esigenze di altre famiglie".
I.S.