L'allucinante caso del delitto indotto
Un nuovo appassionante episodio del primo eroe/detective con disabilità della letteratura italiana, creato dallo scrittore Sergio Rilletti. L'appuntamento è ogni venerdì su Personecondisabilità.it
Prologo
Era l'ultima notte del marzo 2006, e l'agente speciale Lynn Peng della polizia di Pechino si stava imbarcando su un volo diretto a Milano, sulle tracce di Chow-Pin. Erano mesi che stava seguendo un caso di spaccio di sostanze stupefacenti, che, a sua volta, l'aveva condotta a risolvere un caso di concorrenza a dir poco sleale.
C'erano voluti diversi mesi e accurate indagini di laboratorio per capirlo, ma, alla fine, ce l'aveva fatta.
All'interno delle aziende defraudate aveva scoperto l'esistenza di "spie inconsapevoli", persone ignare di essere al servizio di un oscuro padrone di cui ignoravano persino l'esistenza; queste aziende, in qualche modo, avevano attirato l'attenzione di Chow-Pin, anche se Lynn Peng, purtroppo, non era mai riuscita a provarlo.
Ora, a Milano, stava accadendo qualcosa di analogo.
Se Chow-Pin era partito per quella città, voleva dire che aveva un grosso colpo da realizzare.
1. Un cliente un po' svanito
Mancavano pochi minuti alle 10 del mattino, e Mister Noir, celebre detective privato di Milano, come sempre era già alla sua scrivania, a bordo della sua possente carrozzina elettrica, pronto ad iniziare un'altra giornata di lavoro. A differenza dei suoi colleghi "normodotati", che dovevano sperare nell'arrivo di clienti per sbarcare il lunario, lui era ricchissimo ed elargiva il suo genio quasi per compassione verso i suoi aspiranti clienti.
Era connesso a Internet, a leggere le ultime notizie sui siti dei vari quotidiani, quando il campanello trillò.
-- Buongiorno, seňorita Elena. Puntuale come sempre! - esclamò Consuelo.
-- Buongiorno, Consuelo! - rispose lei, col tono ridente.
-- E' sempre un piacere vederla così radiosa. Le porto subito il cafè. -
La ragazza ringraziò e si diresse a passo spedito verso lo studio del suo capo. - Novità? -
-- No - rispose il detective continuando a guardare il monitor. -- E questa, appunto, non è una novità - disse, alzando lo sguardo sornione su di lei.
Dalla cucina giunse, altisonante, la voce di Consuelo Gomez. - Ma se oggi non arrivano clienti, che farete? -
-- Brinderemo! Come si fa per i grandi eventi! - rispose l'investigatore, occhieggiando la sua assistente.
L'idillio di un'ipotetica giornata di libertà durò ben poco: qualcuno suonò il campanello. Consuelo andò ad aprire la porta: i passi affrettati che si avvicinavano indussero Elena Fox a passare dall'altra parte della scrivania, alla destra di Mister Noir.
Arrivò un giovane bruno e grassoccio coi capelli corti tagliati a spazzola, in giacca e cravatta ma dall'aspetto completamente stravolto. Si accasciò subito sulla sedia, con le gambe tutte allungate in avanti e la testa gettata all'indietro.
Mr. Noir si protese sulla carrozzina, appoggiando platealmente gli avambracci sul tavolo. - Disturbiamo? -
-- No, no. Restate pure - rispose l'uomo, come in trance. Poi, d'improvviso, si ridestò di soprassalto, mettendosi a sedere composto.
Proprio in quel momento giunse Consuelo: portava un vassoio d'argento con la tazzina di caffè per Elena. L'uomo ringraziò e, come se niente fosse, prese la tazzina e se la portò alle labbra.
Consuelo avvampò, ma, prima che potesse esplodere, Elena, soffocando una risata, le disse di non preoccuparsi, che andava bene così.
-- Ah, seňorita, meno male che c'è lei, se no andavo in manicomio. -
-- Guardi che i manicomi non esistono più da un pezzo - intervenne pazientemente il detective.
-- Lo so. E' per questo che lavoro per lei. -
Il giovane grassoccio, sempre in trance, posò la tazzina sul vassoio ringraziando in tono sommesso.
Consuelo, ormai infuriata, sbuffò seccamente dal naso, voltò le spalle, e se ne andò.
-- Allora, vuole dirci qualcosa? - disse Mister Noir.
-- Sì. Partiamo dall'inizio - rispose il tipo, con decisione.
-- Perfetto. -
-- Voi chi siete? -
A quel punto Elena Fox ritenne che fosse giunto il momento di sedersi. Con calma. Mister Noir, che era già seduto, rimase impietrito e disse: -- Noi siamo quelli che è venuto a trovare. Quindi, tanto per cominciare, la vera domanda è: Chi E' Lei? -
-- Ah, giusto: Chi sono io? - esclamò l'uomo, cominciando a frugarsi nelle tasche e sfilando una svariata quantità di biglietti e di tessere, posandoli tutti sul tavolo. I due detective si guardarono perplessi.
L'uomo esultò. - Ah, eccola! Io sono... - disse, aprendo la propria carta d'identità - Timothy Coach --.
-- Scusi, - disse il detective, raschiandosi la gola, -- possiamo dare un'occhiata ai suoi biglietti e alle sue tessere? Sa, per saperne un po' più di lei: nel caso si dimenticasse di respirare! -
-- Sì, sì, certo! -
Elena non dovette neanche rassicurarlo, come faceva di solito con gli aspiranti clienti: la frase di Mister Noir, per l'uomo, era perfettamente normale!
2. L'Uomo Che Fumava
Nel suo bunker sotterraneo, celato in qualche parte del mondo, l'Uomo Che Fumava era nel suo ufficio, immerso, come sempre, nella penombra. La penombra del locale, il fumo della sigaretta che saliva con voluttà, e il rosso della brace che barbagliava sul suo volto, gli conferivano un aspetto spettrale.
Alle sue spalle, un arazzo bianco su sfondo nero riproduceva una spada con la lama rivolta all'ingiù sostenuta da un sottile crine di cavallo.
In quel momento era particolarmente ottimista, anche se dal suo volto non traspariva nulla. Era a capo d'una potente Organizzazione criminale che si occupava principalmente della affiliazione di nuovi adepti nel mondo del lavoro, del commercio, dello spettacolo, della politica, e della cultura; e, persino, nel "magico mondo" del volontariato!... Alcuni diventavano Agenti Inconsapevoli, che non sapevano di agire per conto della sua Organizzazione; altri, invece, venivano reclutati come Agenti Operativi a cui venivano affidate delle missioni adatte alle proprie attitudini.
Ora uno dei suoi Agenti Operativi più fidati, Chow-Pin, stava per completare un'operazione molto importante, a cui stavano lavorando da due mesi. Se tutto andava bene, presto avrebbero eliminato un traditore e un fastidioso moscerino concorrente; se poi le cose andavano benissimo, come auspicava, avrebbero acquisito definitivamente un intero esercito di nuovi adepti, e, soprattutto, avrebbero annientato la reputazione del famoso Mister Noir, il noto detective privato "diversamente abile" la cui celebrità stava diventando fastidiosamente ingombrante.
3. Una richiesta strampalata
-- Allora, -- interloquì Mister Noir, dopo aver dato un'occhiata alle varie carte del suo aspirante cliente, -- a quanto pare lei è socio di molte Associazioni culturali e Club. Non è che, per caso, si ricorda che lavoro fa? -
Il giovane grassoccio cominciò a rimuginare febbrilmente, e una lunga serie di immagini cominciarono a vorticargli nella mente; poi, d'un tratto, si bloccò e s'illuminò. - Ah, si! I miei dipendenti mi chiamano Tim, Tim Coach, e sono il responsabile di una squadra di rappresentanti! - esultò.
Mister Noir sprofondò nella sua carrozzina. - Ecco, dovevo immaginarlo! - disse tra sé.
-- Come? -
-- Niente, ho capito: lei è il coach di un team di rappresentanti!... Prego, continui pure. -
-- Ho finito: faccio solo questo. -
Il detective si drizzò, assumendo una posizione più reattiva. -- Vorrebbe dirci almeno perché è venuto da noi? Sa, sarebbe molto utile per poterla aiutare. -
L'uomo tornò in trance. - Penso sia per questa - disse, sfilando una pistola da dietro i pantaloni. La maneggiò con noncuranza, con troppa noncuranza per i gusti dei due investigatori, che avrebbero avuto maggior fiducia nella consapevolezza delle azioni di un barracuda.
-- Ah, non preoccupatevi: non è mia - disse, posandola sul tavolo.
-- Pure! -
Elena Fox raccolse subito la pistola, e la esaminò: sul calcio era incisa una spada con la lama rivolta all'ingiù idealmente sostenuta da un filo, e nel tamburo a sei colpi c'erano solo tre proiettili. - Dove sono finiti gli altri tre? - chiese, mostrando il tamburo mezzo vuoto all'uomo.
-- Nel corpo di un uomo -- rispose il giovane, sempre in catalessi.
-- Quale uomo? - domandò Mister Noir, che si stava spazientendo.
- Bruno Bruni, il proprietario della ditta SempreBruni S.p.A., per cui lavoro. -- Poi ebbe un sussulto, e cominciò a parlare in modo normale. -- E' un'azienda specializzata in "Tutto ciò che fa estate", come recita il nostro motto. I nostri dipendenti, ragazzi e ragazze giovani e aitanti con voci ben addestrate, riescono a vendere qualunque prodotto (dagli oli solari agli autoabbronzanti ai lettini ai costumi da bagno agli ombrelloni portatili, a "Tutto ciò che fa estate", appunto) in qualunque periodo dell'anno, inverno compreso. -
-- Vabbe'... E perché avrebbe dovuto ammazzarlo? -
-- E' questo il punto: non ne avevo alcun motivo; non so il perché, ma di questo sono sicuro! -
-- Ovviamente non si ricorda nulla di ciò che è avvenuto, vero? -
-- No. Mi ricordo solo che mi aveva invitato a cena a casa sua. Me e Virginia, la responsabile del call center dell'azienda, per parlare d'una nuova crema che voleva immettere sul mercato. -
-- E poi? -
-- E poi non ricordo più nulla. --
-- Se non il fatto di aver sparato a Bruno Bruni. -
-- Sì, e di essermi ritrovato ad un incrocio, con quella pistola. Poi, d'un tratto, mi è venuto in mente il suo indirizzo!... E così, dopo ore di ricerca, sono arrivato qua! -
-- Bene! - esclamò Mister Noir, battendo una mano sul tavolo e stampandosi in faccia un sorriso a labbra chiuse che in realtà voleva dire tutt'altro. - Perché è venuto da me? Non sono nemmeno un poliziotto, non posso neppure arrestarla! -
-- Perché, anche se mi ricordo di aver ucciso Bruno Bruni, sono convinto di non averlo fatto: non è nel mio stile. E voglio che lei trovi il vero colpevole. --
Mister Noir si schiarì la gola e gli disse di accomodarsi un attimo fuori, che doveva parlare con la sua assistente. Appena l'aspirante cliente uscì, le sussurrò: -- Chiama Cordieri e chiedigli se sa qualcosa dell'omicidio di un certo Bruno Bruni. I siti Internet non ne parlano -.
Elena compose il numero della centrale di polizia, e chiese di parlare con il commissario Cordieri.
-- Buongiorno, commissario, sono Elena. Le risulta che ieri sera sia stato commesso un omicidio?... No!... Nessun Bruno Bruni è morto assassinato?... No. Peccato! - Poi, chiudendo gli occhi e scuotendo rapidamente testa e mente, si affrettò a spiegarsi meglio. - Ehm!... No, nel senso che ora dobbiamo rassicurare un nostro cliente sul fatto che non ha commesso alcun omicidio, capisce?... Pronto?... Pronto?! - Guardò perplessa il suo capo, tenendo la cornetta ancora in mano: il commissario Cordieri aveva interrotto la comunicazione. - Non ha capito! - disse.
I due detective si decisero ad uscire, invitando il signor Coach a seguirli. Il fatto che il loro aspirante cliente non potesse essere un omicida era molto rassicurante, per loro, ma ora dovevano trovare il modo di rassicurare pure lui.
Uscirono da casa, sicuri di cavarsela in poco tempo.
Peccato che, dietro quel mistero, se ne celava uno molto più intricato e pericoloso.
4. I guai vengono dall'Oriente
Il commissario Cordieri era rammaricato di aver attaccato la cornetta in faccia a Elena Fox; quella ragazza gli era molto simpatica, soprattutto per come riusciva a rimediare alle intemperanze del suo capo, ma non aveva tempo di preoccuparsi degli strampalati casi dei due detective. Era stato convocato in Questura, e doveva arrivarci entro mezz'ora.
Il motivo dell'incontro non lo sapeva, ma gli era stato detto che era di vitale importanza.
Antonio Viti, vicequestore di Milano, era nel suo studio; non uno studio pieno di carte e libri come quello di Mister Noir, e neppure uno ordinato ma accogliente come quello del commissario Cordieri, ma uno grande e freddo, intonacato di bianco, adorno solo di qualche grande quadro d'epoca.
Accanto a lui c'era una donna alta, sulla trentina, dai lineamenti orientali; aveva capelli lunghi e corvini, e indossava un tailleur a pantalone e un maglione a girocollo nero. Era gradevole, ma dall'aspetto un po' austero.
Quando il sovrintendente gli comunicò che era arrivato il commissario Cordieri, lui disse di farlo entrare.
Viti lo fece accomodare sulla sedia imbottita di fronte a lui, e, senza badare alle formalità, passò subito al punto. - Le presento l'agente speciale Lynn Peng, della polizia di Pechino - iniziò, indicando la donna. - E' stata mandata qui per dare la caccia a Chow-Pin, sospettato di spionaggio industriale e spaccio di sostanze stupefacenti.
Cordieri posò lo sguardo sulla donna, che prese la parola. - Chow-Pin, ufficialmente, è un rappresentante di una compagnia di trasporti Import/Export, la Fiordiloto Express, con la quale fa affari in tutto il mondo. In realtà, sospettiamo che Chow-Pin faccia parte di una potente Organizzazione criminale, dedita alla destabilizzazione dell'intero pianeta. Non sappiamo se ha un nome, non ha mai rivendicato alcun atto, ma ci sono delle "coincidenze" che fanno pensare ad un'unica mente, ad un'unica personalità. Si potrebbe definire un'Organizzazione-ombra che pianifica azioni criminali in grande stile per conto terzi. Pensiamo che abbiano degli agenti infiltrati in tutto il mondo: nel commercio, nello spettacolo, nel giornalismo, nella politica, e in tutti quei settori che hanno il potere di controllare la mente dell'uomo. -
Il commissario Cordieri la guardò incuriosito, la donna proseguì. - A Pechino, negli ultimi sei mesi, sono stati uccisi tre uomini: un giornalista, un ministro, e un attore. I tre uomini non si conoscevano tra loro, ma sono morti a causa di un'anomala forma di contagio: il suicidio. Ciascuna vittima, prima di suicidarsi, stava lavorando su un progetto umanitario importante: il giornalista ad un articolo contro la pena di morte, il ministro ad una legge sulla ridistribuzione dei redditi delle imprese, e l'attore ad un film sulla strage di Tien-Ammen. -
-- E allora? -
-- A quest'Organizzazione dà fastidio che si parli di temi importanti come questi, preferisce avere un esercito di automi che si fermano alle apparenze. Se Chow-Pin è venuto fin qui, è perché ha fiutato un grande affare in questo senso: un'azienda di "automi" già pronti per essere acquisiti e riutilizzati a proprio piacimento; e noi dobbiamo scoprire quale. Anzi, se Chow-Pin è qui, probabilmente l'affare è all'ultimo atto; e io so già da dove cominciare ad indagare! --
5. Un morto perfettamente sano
Elena Fox guidò con destrezza fino alla sede della SempreBruni S.p.A.. L'edificio era bianco, alto solo due piani, e molto lungo.
Erano appena arrivati, stavano ancora studiando la struttura, quando arrivò un uomo alto e bruno, di buona corporatura, e dall'aspetto giovanile.
-- Ehi! E' lui! - esclamò il povero Coach, stupefatto. Poi si affacciò al finestrino, e strillò: -- Hey! Tu non puoi essere qui: sei morto! Ti ho ucciso ieri sera, ricordi? -.
L'uomo, incuriosito, si avvicinò all'auto. Elena, sconsolata, scosse la testa e scese.
Il signor Coach si rivolse a Mister Noir. - Lui è morto, io l'ho ucciso. Non può essersene dimenticato. -
Il detective si voltò verso di lui. - I casi sono due: o è vivo o è morto; in ogni caso, dubito che si ricordi di lei - disse, con le sue difficoltà di locuzione.
-- Scusi, non ho capito. Potrebbe sillabare, per favore? -
Mister Noir si rigirò dall'altra parte, trattenendosi. Ma perché ogni volta che Elena Fox, che gli faceva da interprete, si allontanava, il mondo si popolava di handicappati?
La detective intercettò l'uomo. - Lei è il signor Bruno Bruni? -
-- Sì. Ma chi è quel matto? -
Elena mise le mani nelle tasche anteriori dei jeans, acquisendo un'espressione imbarazzata. - Lei non lo conosce? -
-- Assolutamente no. E, considerando ciò che sostiene, mi verrebbe da dire Per fortuna!. -
-- Lei dov'era ieri sera verso le 10? -
-- A casa mia, a guardare la tv. -
-- Niente cena di lavoro, a casa sua, ieri sera? -
-- No. -
-- La sua ditta si occupa della vendita di "Tutto ciò che fa estate", giusto? -
-- Be', "vendita"! Diciamo... "diffusione a pagamento"! -
-- E avete un call center? -
-- Sì. Un call center tutto femminile diretto dalla mia socia, Virginia Anselmi. - Si fermò un momento. -- Anzi, se vuole gliela presento. -
E, dicendo così, la invitò a seguirlo. Elena si voltò un attimo alzando il pollice destro, e si avviò.
Il signor Coach strillò di nuovo. - Ma perché ha fatto Ok col pollice? -
-- Sarà contenta di allontanarsi da qui. -
-- Ah - rispose lui, col classico tono assorto di chi non aveva capito un tubo.
Appena Elena entrò nell'edificio si ritrovò in un immenso open space dove una ventina di centraliniste dimostravano di possedere una notevole dialettica, che adoperavano per ammansire chiunque fosse all'altro capo del telefono, in modo da indurlo ad acquistare prodotti "estivi" improponibili nel mese di febbraio. E, sopra una sorta di trono, una bionda segaligna, riccia e snella, vestita di nero, sovrastava sulle teste delle giovani impiegate come un avvoltoio.
All'ingresso del proprietario, la matrona ordinò alle impiegate di alzarsi (e loro obbedirono all'unisono), ma lui, con un sorriso accomodante, disse loro di continuare pure a lavorare.
Bruno Bruni portò la sua ospite al cospetto della matrona bionda, che, per l'occasione, scese dal suo trono.
-- Virginia, -- cominciò l'uomo, -- questa è la signorina... -
-- Elena. Elena Fox, detective privata. - Le due donne si strinsero la mano in modo vigoroso; Elena valutò che la bionda la sovrastava di... un bel po'.
-- Puoi dire alla signorina Elena se abbiamo fatto una cena di lavoro, a casa mia, ieri sera? -
-- No - rispose la donna, rivolgendosi a Elena.
-- Puoi descrivergli Tim Coach, per favore? - domandò lui.
-- Alto, snello, capelli corti e biondi. -
In quel momento l'attenzione di Elena fu attratta da una scena che si stava svolgendo poco lontano. Un giovane, in un elegante abito nero ma dall'aspetto marziale, toccò la spalla di una brunetta; un semplice lieve tocco, niente di più, che però la fece alzare all'istante e raccogliere le sue cose, ingoiando le lacrime in silenzio per non disturbare il lavoro delle altre, ben attente a non notare tutto ciò. Si diresse verso l'uscita, seguita dal giovane in nero.
A Elena quella scena non piacque affatto: dietro quella simpatia e quella gentilezza affettate si celava un mondo di paura e di omertà. Era venuto il momento di arrivare al dunque. - Posso vederlo? - chiese, alludendo al loro presunto signor Coach, la cui descrizione non coincideva affatto con l'uomo che aveva in auto.
Bruni, di colpo, s'indurì. - Senta, signorina, siamo stati sin troppo gentili con lei! Ora però basta: esca! - sbraitò, avendo la malaugurata idea di strattonarla per un braccio verso la porta.
Elena, dopo aver ripetuto tre volte "Hey!", in tono sempre più forte e minaccioso, si liberò della presa e sferrò un destro al mento dell'uomo, facendolo crollare a terra, supino. La valchiria bionda, con uno strillo acutissimo, si avventò contro di lei; Elena le sferrò un calcio laterale in piena faccia, zittendola e spedendo in terra, supina, pure lei. - Ehi! Ma siete matti?! Non si trattano così gli ospiti! -
E, detto ciò, voltò le spalle e se ne andò.
Ora aveva due profonde convinzioni, e le avrebbe dette al suo capo e al loro smemorato cliente.
-- Ho due notizie: una buona e una cattiva -- disse, entrando in auto. -- Quella cattiva è che lei, purtroppo, non ha ucciso il signor Bruni. -
Il signor Coach tentò di protestare, ma lei continuò. - Quella buona è che, comunque, lei è nei guai. -
Il detective la guardò perplesso. - Ma queste battute, di solito, non le faccio io? -
-- Mi hanno fatto arrabbiare. -
Ingranò la marcia e partì.
Elena aveva anche una terza convinzione: se avesse ritrovato la brunetta che era stata appena licenziata, lei li avrebbe aiutati molto volentieri!
Guardò dritto davanti a sé, in profondità, e, in lontananza, vide la giovane donna. La raggiunse e si accostò a lei.
Appena la vide, l'uomo esultò. - Ehi! -
Lei: -- Tim! --.
Lui: -- Sam! --.
I due detective si guardarono in tralice, a labbra serrate.
Tim e Sam si abbracciarono come due grandi amici, ed Elena la invitò a salire.
La donna accettò. - Dove andiamo? -
-- A casa sua. -
Il gruppo si avviò, non sapendo che qualcuno, da lontano, li aveva osservati.
Il giovane in nero del servizio di sicurezza, di guardia all'ingresso della SempreBruni nonché del relativo call center, stava seguendo con lo sguardo la donna bruna che aveva appena fatto "accomodare" fuori dal cancello, quando la vide salire sull'auto guidata dalla ragazza dai capelli lunghi e castani che era uscita poco dopo dall'edificio.
Osservò bene la scena, sogghignò compiaciuto, e avvertì chi di dovere.
6. Il socio e l'impiegata
Samantha Mighetti, detta Sam, fece accomodare i tre ospiti nella sua casa, dove, dopo un breve corridoio, sulla sinistra si apriva un vasto salone. Un divano crème a tre posti, che faceva angolo con una poltrona dello stesso colore, dava le spalle ad una vetrata che si affacciava sul giardino. Elena si sedette nel posto più a destra, a fianco di Mr. Noir, il loro cliente nel posto più a sinistra, mentre Sam si accomodò in poltrona.
Samantha, sporta in avanti, con le mani intrecciate, aspettava che uno dei due investigatori parlasse; le formalità erano già state sbrigate in auto: la donna sapeva perché erano lì col suo amico; ora, però, avrebbero voluto approfondire l'argomento.
-- Senta... Può raccontarci qualcosa della ditta SempreBruni? -
-- E' un inferno. Noi centraliniste siamo tutte precarie. Facciamo turni di lavoro massacranti, e Virginia, la nostra responsabile, ci cronometra anche quanto tempo stiamo in bagno. Ogni mese dobbiamo effettuare un certo numero minimo di vendite; la più brava viene esaltata e premiata in pubblico, ma chi non ce la fa, viene denigrata in pubblico e licenziata in tronco. -
-- E nessuna si ribella! - affermò Elena, ricordandosi la scena a cui aveva assistito.
-- Ci fanno il lavaggio del cervello: chi fallisce è una nullità, e chi entra in contatto con una nullità rischia di essere contagiata. -
-- E, a parte ciò, che cosa sa delle abitudini aziendali? -
-- Poco. Bruno, Virginia, e Timothy, sono soci, e si ritrovano una volta al mese tra loro. -
Elena si rivolse a Timothy. -- E di cosa parlate? -
-- Dell'andamento degli affari, del bilancio, e dei prodotti. -
-- Siete sempre soli quando fate queste riunioni? - domandò Mr. Noir "tradotto" simultaneamente da Elena Fox.
-- Praticamente si. -
-- Praticamente? - incalzò l'investigatore.
-- L'ultima volta siamo andati al Drago d'Oro, un ristorante cinese di cui Bruni è un affezionato cliente. -
-- Di cosa avete parlato in particolare? -
-- Di un nuovo prodotto, una nuova crema: la Sunshine, "per risplendere ogni giorno come una nuova alba". -
-- E se un giorno è nuvolo? -
-- Come??? - si stupirono all'unisono Tim e Sam.
Elena, con un repentino movimento del capo, riportò il discorso sull'indagine. - Ma cos'ha di particolare questa crema rispetto alle altre? -
-- Non ti rigenera solo il corpo, ma anche la mente e lo spirito - rispose Samantha, come se ripetesse una litania a memoria.
-- Lei l'ha provata, vero? - chiese Mr. Noir con un tono che non aveva nulla di serio.
-- Sì, certo. -
Elena s'intromise di nuovo, schiarendosi la gola e rivolgendosi a Timothy. - E quanto tempo è passato da questa riunione? -
-- Un mese. -
-- Quindi, a breve, dovreste averne un'altra -- ragionò il detective.
Timothy non rispose, come spaesato.
-- E poi, è successo qualcosa di strano durante quella riunione? - chiese il detective.
-- Sì. Gli won-ton sapevano di candeggina. -
-- E poi? -
-- Li ho sputati. -
-- Sì, immagino - disse Mr. Noir ostentando indulgenza. - Ma è accaduto qualcosa di strano dopo quella volta? --
-- Sì, gli affari di un'altra azienda di vendita porta-a-porta sono andati sempre peggio.
Mr. Noir guardò il suo orologio. - Toh, che combinazione, Elena!... E' quasi ora di pranzo! -
7. Una buona cattiva notizia
Quando l'Uomo Che Fumava ricevette la telefonata del suo Agente Operativo infiltrato nel servizio di sicurezza della SempreBruni, sogghignò. L'incursione di Elena Fox, assistente del noto Mister Noir, era prevista nel piano. Anzi, era la parte fondamentale del piano.
Prese un telefono, e compose un numero. Pronunciò poche parole, secche, in cinese, e riattaccò.
Sogghignò di nuovo. Se tutto funzionava come aveva progettato, ben presto il mondo avrebbe avuto un eroe infallibile in meno. E, una volta compromessa l'infallibilità del granìde Mister Noir, il mondo avrebbe avuto una genuina, rassicurante certezza in meno.
8. Grande rissa al Drago d'Oro
Mister Noir, Elena Fox, Tim, e Sam, erano arrivati al ristorante cinese, ed erano pronti a ordinare.
L'investigatore cominciò ad ispezionare con lo sguardo tutto il locale: davanti a sé, oltre a Tim, c'erano una decina di tavoli, tutti vuoti; alla sua destra, alle spalle di Sam, c'era una lunga finestra scorrevole; mentre alla sua sinistra, dove si era seduta Elena, il locale si estendeva in ampiezza e profondità, fino a raggiungere i servizi igienici e la cucina.
Guardando in quella direzione, ad un tavolo notò il commissario Cordieri con una donna cinese alta e dall'aspetto austero, e lo salutò con un cenno del capo, sorridendo.
Cordieri si pietrificò. Si alzò, scusandosi con la donna, e andò a salutarlo. - Cosa ci fate voi qui? --
-- Mangiamo. E lei? E' venuto a vedere un film, forse? -
-- Sentite - disse, indicando alternativamente i due detective, -- io sto seguendo un caso delicato ma normale, e ci terrei che rimanesse tale! -
E, senza aspettare una risposta, se ne andò.
Arrivò la cameriera, piccolina e graziosa, e prese le ordinazioni.
Mr. Noir, continuando a guardare davanti a sé, in direzione dei propri commensali, si concentrò ad origliare la conversazione del commissario e della sua ospite.
-- Questo locale è di Ming Minh, proprietario anche della ditta Campo di Bambù. Le notizie dei recenti crolli finanziari di quest'azienda e del noto "Caso dagli Occhi a Mandorla", come l'hanno battezzato i vostri giornalisti, sono giunte sino a noi, a Pechino - disse la donna.
-- Già. La completa distruzione d'un carico di merci, per un valore di migliaia di euro, destinato alla Campo di Bambù - ricordò Cordieri.
-- Anche a Pechino sono successi casi analoghi, che definire "concorrenza sleale" sarebbe un eufemismo. Se Chow-Pin è qui, vuol dire che è coinvolto con quello che sta accadendo a Ming Minh. --
Poco lontano da loro, al tavolo di Mister Noir, che aveva ascoltato benissimo tutto, un cameriere spuntò alle spalle di Tim, e da come quest'ultimo si raddrizzò, Elena capì che il cinese gli aveva puntato una pistola alla schiena. - Il nostro onorevole ospite è gradito in cucina. -
Appena lui si alzò, Elena fece altrettanto e sferrò un diretto sul naso di Timothy: la sua testa impattò contro quella del cinese, che cadde all'indietro; Timothy lo seguì, ma appena vide spuntare la pistola nelle mani della ragazza, si scansò subito.
-- Chi sei? - disse la detective, spianando la pistola.
Il vantaggio dell'effetto a sorpresa durò ben poco: la cameriera che aveva preso le ordinazioni cacciò un acuto grido d'allarme, estrasse due pistole da dietro la schiena, e cominciò a sparare contro Elena; la detective piroettò sul tavolo e rispose al fuoco, centrandola.
Dalla cucina sbucarono due camerieri, due cuochi, e lo chef, tutti urlanti, e quest'ultimo armato di mannaja.
Si divisero. I due camerieri andarono a "servire" il tavolo di Mister Noir, mentre i cuochi e lo chef si avventarono sui due testimoni da eliminare: Cordieri e Lynn Peng.
Elena sparò tre volte, ma quelli compirono evoluzioni incredibili, evitando i proiettili, e spiccarono un balzo: uno travolse Mister Noir, rovinando a terra con lui e la sua carrozzina; l'altro era diretto verso Elena, che non fece altro che alzare le braccia assecondando il suo volo... e facendogli frantumare il vetro della finestra scorrevole.
Quello che aveva travolto Mr. Noir le afferrò una gamba, e lei gli sferrò un bel pedatone sulla caviglia, facendolo desistere all'istante.
Nel frattempo, uno dei due cuochi aveva disarmato Cordieri, l'aveva messo al muro, e lo stava prendendo a calci, mentre l'altro cuoco e lo chef, armato di mannaja, menavano fendenti alla valchiria orientale.
Tutte alte in questa storia! pensò Elena, prima di intervenire.
Mentre Elena correva in soccorso di Cordieri, il cinese dalla caviglia malconcia pensò di rifarsi con l'handicappato: si mise a cavalcioni su di lui e cominciò a strangolarlo. Però ci mise troppo impeto, e si ritrovò parallelo al tronco di Mister Noir: lui, col ginocchio destro, lo colpì al basso ventre, e l'altro si accasciò supino alla sua sinistra. Il primo cinese, quello che aveva intimato a Timothy di seguirlo, si era rialzato, al di là del tavolo, pronto a balzare addosso all'investigatore, che con un calcio rovesciò il tavolo: il cinese, che aveva preso lo slancio, si ritrovò bloccato sporgendo con il tronco oltre il bordo, e Mister Noir gli sferrò un calcio in faccia che lo spedì all'indietro stendendolo definitivamente. Dopodiché, per completare l'opera, sferrò una gomitata a quello di fianco a lui, stordendolo.
Elena prese per la collottola il cinese che stava menando Cordieri, e, facendogli fare mezzo giro, lo scaraventò contro un tavolo. L'uomo brandì un coltello e glielo lanciò: il coltello però si conficcò nel petto dell'altro cuoco, che proprio in quel momento, grazie ad un calcio sferratogli dall'agente Peng, stava volando tra loro. Il cinese ci riprovò: abbrancò un altro coltello e lo lanciò di nuovo contro Elena, che si scansò, facendolo conficcare nella parete. Il povero killer, incredulo ed esasperato, si voltò per prendere un terzo coltello.
-- Ebbasta! - esclamò Elena, spazientita. Lo afferrò per la nuca, gli fece compiere un altro mezzo giro, e lo scaraventò contro la stessa parete, accanto al coltello, tramortendolo.
Lo chef continuava a far mulinare la mannaja contro la donna cinese, senza però riuscire mai colpirla, finché uno sparo non lo fece arrestare e voltare.
-- Che ne diresti di piantarla? - disse Elena, con un tono estremamente conciliante, puntandogli addosso la pistola del commissario Cordieri che aveva raccolto da terra.
-- Ehi, Elena! - la chiamò Mr. Noir.
-- Sì? -
-- Abbiamo un problema. -
-- Ma dài? E quale? -
-- Tim e Sam sono spariti! -
9. La realtà del Sogno Indotto
Nell'ufficio di Cordieri, Mister Noir ed Elena Fox raccontarono al commissario del loro caso. Lui, come al solito, li guardò allibito; la donna cinese, invece, non trovò niente di strano.
-- Da quello che avete detto, -- iniziò la donna, -- sembra che questo Timothy Coach sia affetto da Sogno Indotto, ovvero da una serie di ricordi fasulli, generati da una nuova sostanza, di cui a Pechino abbiamo riscontrato diversi casi. Mediante delle cellule, contenute in una sostanza cremosa che si fa assorbire attraverso la pelle, si può rigenerare la mente e lo spirito di una persona, trasformandola nella copia autentica di un altro individuo a propria scelta. - S'interruppe un momento. - Una copia perfetta che permette di conoscere le mosse del modello originale ventiquattro ore prima che lui le compia. -
-- Insomma, una uomo-copia: una fotocopia dell'uomo! - esclamò Mister Noir.
La donna aggrottò le sopracciglia, perplessa, ma assentì.
-- Quindi occorre una spia che spii la spia, che non è consapevole di essere una spia, e che dica ad un'altra spia ciò che lei ha spiato della prima spia! - dedusse l'investigatore.
-- Sì. -
-- Ma come fai a sopportarlo? - chiese Cordieri a Elena, che il detective aveva appena costretto alla comprensione e alla "traduzione simultanea" di quello scioglilingua.
Elena si limitò a chinare la testa e a umettarsi le labbra, per non ridere.
-- Quindi, questa uomo-copia ricorda azioni che in realtà non ha commesso e che non commetterà mai, mentre l'originale le commetterà il giorno successivo, esattamente ventiquattro ore dopo rispetto al "ricordo" della uomo-copia - riprese Mister Noir.
Il commissario picchiò i palmi delle mani sulla scrivania, per alzarsi. - Bene, andiamo a far visita a questa ditta. Se è come dite, questo Bruno Bruni è in serio pericolo. -
10. Visita "ufficiale" alla SempreBruni
Giunti al call center, il commissario Cordieri mostrò il distintivo alla guardia. - Desidero parlare con il signor Bruno Bruni. Subito. -
Il gruppo, guidato dal ragazzo in nero della Sicurezza, l'infiltrato dell'Uomo Che Fumava, attraversò l'open space nell'incredulità generale.
Li guidò fino all'ufficio del dottor Bruni, li annunciò, e li fece accomodare.
Appena li vide entrare, Bruni si drizzò sulla sedia, sgranando gli occhi.
-- Salve. Sono il commissario Cordieri, e temo che lei sia in grave pericolo. -
-- Anch'io -- rispose seccamente, inquadrando subito Elena Fox. Lei gli rispose con un angelico sorrisone.
Cordieri, senza entrare nei dettagli, gli raccontò che avevano il valido sospetto che il suo collaboratore, Timothy Coach, volesse ucciderlo.
Bruni manifestò la propria incredulità, e Cordieri gli chiese che rapporti avesse con il signor Coach. Mentre il proprietario della SempreBruni S.p.A. stava rispondendo che i loro rapporti erano sereni, che ogni tanto avevano qualche divergenza sul lavoro ma niente di più, il cellulare di Elena suonò.
-- Ah!... E' lì!... Bene, bene! Gli dica che arriviamo! - Riattaccò. - Commissario... era il nostro commercialista! Mi dispiace, dobbiamo andare! -
E, detto ciò, girò la carrozzina di Mr. Noir e si allontanò canticchiando.
11. Al cospetto dell'Uomo Che Fumava
Samantha Mighetti era fuggita in aperta campagna, come prestabilito, nella zona denominata La Casa, appena si era accorta che l'uomo chiamato Timothy Coach era sparito nel bel mezzo della rissa.
Lì venne prelevata e bendata da un gruppo di uomini in elicottero. I loro volti erano coperti da passamontagna, neri come le tute, sulle quali, all'altezza del cuore, era stampato lo stemma di una spada bianca con la lama rivolta all'ingiù e sostenuta da un sottile filo.
Quando fu sbendata si ritrovò in una stanza immersa nella penombra. Di fronte a lei, un uomo che fumava con voluttà sembrava aspettare che lei parlasse. - Allora? Perché è qui? -
-- Temo che la uomo-copia non si fidi più di me. Temo che sia fuggito proprio per questo. E temo, temo proprio, che adesso tornerà a chiedere aiuto ai due detective privati, signore. -
L'uomo che fumava si esibì in un sorriso a labbra socchiuse tra il compiaciuto, per la lealtà, e la commiserazione, per l'ingenuità. - Vede, Samantha, quando l'avevo scelta per quest'incarico, le avevo detto che avrebbe potuto accettare o rifiutare, ma che comunque non l'avremmo mai persa di vista; e lei, che è una donna molto ambiziosa, ha accettato. - Si fermò un momento. - E così abbiamo fatto. In questi due mesi abbiamo osservato come ha avvicinato la uomo-copia, come è riuscita a carpire la sua fiducia e le informazioni che ci erano utili, e con quale sollecitudine mi faceva i suoi rapporti. E quindi non si preoccupi, -- concluse, -- le garantisco che sono molto soddisfatto di lei e del suo operato... e che tutto sta procedendo come previsto! -
12. Reminiscenze dal passato
Appena Elena avvicinò l'indice al campanello, Consuelo aprì la porta. - Ohhh! Meno male che siete arivati: il vostro cliente è proprio... - si fermò, cercando le parole.
-- Stralunato - suggerì il detective.
-- Sì, esatto, un marziano! E' arrivato, mi ha detho di chiamarvi, è andato di là, e ha cominciato a borbothare come una cafethiera. -
-- Lo sa che gli piace il caffè. Vorrà imitarlo. -
Consuelo alzo gli occhi al cielo sospirando, e se ne tornò in cucina.
Raggiunto il cliente nello studio, Mr. Noir inarcò le sopracciglia. -- Ma non faceva prima a restare con noi? --
-- No. Avevo paura. -
- Vuole dire che è rinsavito? -
-- Piuttosto, -- intervenne Elena, -- perché quei cinesi volevano rapirla? -
-- Non lo so. Devono avermi preso per qualcun altro. -
I due detective si guardarono in tralice, ricordando quello che aveva detto la cinese. - Ci racconti qualcosa di lei e Sam. Quando vi siete conosciuti? - domandò Mister Noir, ipotizzando che Samantha fosse la spia della spia, di cui aveva parlato la cinese, e che quindi Tim fosse solo la uomo-copia dell'autentico Timothy Coach.
-- L'ho conosciuta due mesi fa, in azienda, come mia partner di lavoro: lei mi passava gli indirizzi delle persone che avevano deciso di provare i nostri prodotti. E' lì che mi ha dato da provare la crema. -
-- Bell'approccio! - commentò ironico il detective. - La Sunshine, giusto? -
-- Esatto!... Ma allora... quello che vi ho detto stamattina è tutto sbagliato! - disse, alludendo al suo resoconto.
-- Non si preoccupi, continui pure - lo confortò Elena, mentre nella mente di Mister Noir riaffiorava la frase Può rigenerare corpo e mente, che era stata utilizzata sia da Samantha Mughetti per la nuova crema "commerciale" sia da Lynn Peng a proposito della nuova invenzione della scienza "spionistica".
-- Da lì in poi ho ricordi un po' confusi, come se fossero dei sogni. -
-- Cosa raccontava a Samantha? - chiese Elena.
-- Parlavamo di ciò che avveniva durante il lavoro. -
-- Come si svolge il suo lavoro? -
-- Io comincio la mia giornata alle 8, come tutti gli altri. Dopo aver effettuato in gruppo la tradizionale danza tribale di buon auspicio per la giornata, mi metto a studiare i vari prodotti, e dopo essermi incontrato con la mia partner, Samantha appunto, esco per venderli. - Si bloccò, frastornato. - Ma... allora non è vero che sono il responsabile dei rappresentanti. -
-- Non si preoccupi di queste quisquiglie, continui pure - lo esortò Mister Noir. - Ha mai notato qualcosa di strano nel suo responsabile? -
Coach meditò un po'. - No. Anche perché non devo distrarmi, altrimenti lui mi dice: "Guido, devi muoverti, non pensare!". - Si bloccò un'altra volta. - Guido!... Mi chiamo Guido De Rossi. --
Bene!, pensò Mister Noir. Almeno ora sappiamo come si chiama il nostro cliente!
L'investigatore cominciava a ricomporre il mosaico. Qualcuno era interessato alle attività di Timothy Coach, e aveva incaricato Samantha Mighetti di trasformare Guido De Rossi nella uomo-copia di Timothy e di carpirne i segreti e le intenzioni. Ma, a quanto pareva, il vero Timothy Coach aveva dei rapporti con un gruppo di cinesi, che, a giudicare dalla reazione che avevano avuto quando avevano scambiato Guido per Coach, non erano molto soddisfatti del suo operato.
Ora, però, doveva capire il perché; e non poteva chiederglielo apertamente, dato che, di tutte le azioni compiute in trance come uomo-copia, sembrava non ricordare nulla.
-- Si ricorda di qualche evento particolare avvenuto in quel periodo? -
-- Sì. La completa devastazione di carichi di prodotti orientali destinati all'azienda Canna di Bambù, specializzata nella vendita porta-a-porta come noi; a cominciare dal noto "Caso dagli Occhi a Mandorla". -
Mister Noir consultò i siti Internet che avevano riportato la notizia complimentandosi con i giornalisti per la loro immensa fantasia, la stessa fantasia e versatilità con la quale avevano decretato che ogni agente segreto reale esistente sulla faccia della Terra dovesse essere chiamato 007. - Continui pure. -
-- E' stato circa tre settimane fa. Un carico di merci è stato assalito e depredato da un commando di uomini col volto coperto e vestiti tutti di nero. -
Il detective continuò a consultare le pagine virtuali in Internet. In effetti, quella notizia aveva fatto molto clamore. L'azienda colpita era proprio Canna di Bambù, di proprietà di Ming Minh, proprietario anche del Drago d'Oro.
13. Le spezie che vengono dall'Oriente
Tornati al distretto, l'agente Lynn Peng e il commissario Cordieri si erano chiusi nella stanza degli interrogatori assieme a Ming Minh, proprietario e chef del Drago d'Oro. La "chiacchierata" con Bruno Bruni si era rivelata un fiasco: l'uomo non riteneva che i suoi due soci di minoranza, Timothy Coach e Virginia Anselmi, potessero volerlo morto. Timothy, quel giorno, non era neanche andato al lavoro, ma l'avrebbe visto quella sera stessa con Virginia, a casa propria. In quanto ai propri dipendenti... era consapevole di sfruttarli un po', ma non faceva nulla di illegale.
In compenso, però, la perquisizione del ristorante aveva portato buoni risultati. Nella dispensa era stata trovata una notevole quantità di spezie, che Lynn Peng aveva subito riconosciuto come una potente droga che veniva mescolata ai cibi nelle mense di Pechino, per rendere i dipendenti più docili.
La donna camminava avanti e indietro, e adoperava un tono molto aggressivo. Lei continuava a fargli domande su quelle sostanze stupefacenti, da chi le avevano comprate e come venivano utilizzate, ma lo chef non aprì bocca. Allora lei lo minacciò di farlo rimpatriare in Cina, dove avrebbero sicuramente trovato qualcosa per cui incriminarlo e condannarlo; e, a quel punto, la bocca di Ming Minh si dischiuse.
14. Ricordi di un Sogno Indotto
Continuando a visionare i siti Internet, Mr. Noir trovò che Lynn Peng era un'agente pluridecorata della polizia di Pechino, che aveva risolto parecchi casi legati allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Il detective si rendeva conto che si stava addentrando in un ginepraio. Se voleva aiutare il suo cliente, doveva percorrere un'altra pista.
All'improvviso, un lampo. Se l'agente Peng aveva ragione, stasera il vero Timothy Coach avrebbe ucciso Bruno Bruni, e Guido De Rossi poteva rivelargli come! - Bene, mi racconti la sua giornata di ieri - gli disse.
-- Ieri non sono andato al lavoro. Sono rimasto a casa, a prepararmi per l'incontro. - Guido stava parlando di nuovo in trance, come uomo-copia. - Ho preso le confezioni di Sunshine, che avevo ricevuto in azienda, e le ho messe in un bidone dell'immondizia prestabilito. -
Mr. Noir ragionò che quella mattina, mentre Guido veniva da loro, il vero Timothy Coach compiva quelle azioni, probabilmente a beneficio dei cinesi. - E poi? -
Guido De Rossi si riscosse dal suo stato di trance. - Sono andato a casa e, quando nel pomeriggio mi ha telefonato Sam, le ho detto che non ero andato a lavorare perché avevo avuto un capogiro. -
La situazione era chiara: Guido, come uomo-copia di Timothy, si "ricordava" tutto, tranne... tutto ciò che aveva detto a Samantha Mighetti.
Ora bisognava capire come, e perché, Guido De Rossi era entrato in possesso della pistola con cui si era presentato, quella mattina, a loro.
-- E poi, cos'ha fatto? -
-- Mi sono visto con lei al Parco Sempione - disse, parlando come Guido De Rossi. - E lei mi ha fatto un regalo - continuò, in modo non più molto lucido.
-- Sì. E noi sappiamo quale - disse, indicando a Elena di riprendere la pistola dal cassetto.
Appena la vide, Guido sobbalzò.
-- Non è che la sua amica Samantha è sposata ma ha voglia di divorziare in fretta, vero? -
15. Traditore senza saperlo
Nel frattempo, a casa sua, il vero Timothy Coach stava preparando una valigia di corsa, sentendosi improvvisamente braccato dagli uomini di Ming Minh.
Non se ne capacitava. Gli era sempre stato fedele, sin dalla prima volta che l'aveva contattato, fornendogli anche informazioni su vantaggiose speculazioni finanziarie da effettuare in Borsa, in compenso di un guadagno che la collaborazione con la SempreBruni non gli offriva.
Tutto cominciò quando Ming Minh gli aveva chiesto di svelargli il segreto della totale deferenza dei dipendenti, che doveva andare al di là della capacità di persuasione sua e di Virginia Anselmi; e lui gli aveva rivelato il segreto di quelle spezie "miracolose" provenienti dalla Cina. Quello che però entrambi ignoravano era che, così facendo, avevano attirato l'attenzione di una potente Organizzazione criminale che non gradiva molto che altri s'interessassero a quelle spezie; e, dato che questa aveva due Agenti Operativi infiltrati nella SempreBruni, non era stato difficile trovare l'inghippo e porvi rimedio. Quindi, da circa un paio di mesi, una ditta di prodotti cinesi, di proprietà dello stesso Ming Minh, continuava a subire attentati; e dopo il noto "Caso dagli Occhi a Mandorla", risalente a tre settimane prima, per i cinesi era un traditore. Ma ciò non aveva senso: l'unica persona con cui parlava dei suoi loschi progetti era se stesso, ripassandoseli il giorno precedente.
Ora lui era nella sua stanza, disperato, a preparare una valigia alla rinfusa, quando la porta si spalancò e lui si voltò: l'ultima cosa che vide fu un gruppo di uomini vestiti tutti di nero, con uno stemma bianco a forma di spada rovesciata, all'altezza del cuore; e il primo di loro gli sparò un dardo narcotico.
Si addormentò all'istante.
A qualche chilometro di distanza, Mr. Noir continuava a far raccontare a Guido De Rossi come aveva trascorso la giornata precedente. - E poi, una volta a casa, cos'ha fatto? -
-- Niente, mi sono addormentato. Poi, quando mi sono ripreso, ero in strada con quella pistola in pugno; il resto lo conoscete. -
-- Che ore erano quando si è addormentato? -
-- Saranno state tra le 17 e le 18. --
Elena controllò l'ora: erano le 17,10. Senza farsi dir nulla chiamò il commissario Cordieri e gli disse di andare a casa di Timothy Coach e di prelevarlo. Probabilmente stava dormendo.
I poliziotti che accorsero a casa di Timothy non trovarono nulla, però; solo la porta d'ingresso divelta e una valigia aperta con degli abiti alla rinfusa.
Ora non c'era altro da fare che attendere lo sviluppo degli eventi. L'unica certezza era che la casa di Bruno Bruni era sorvegliata.
16. Fine di una giornata predestinata male
La cena era stata deliziosa, la compagnia pure. Timothy non era venuto, ma Bruni non era affatto dispiaciuto. Non perché avesse creduto alla polizia, intendiamoci, ma almeno aveva potuto trasformare una cena di lavoro in una "romantica cenetta" con Virginia Anselmi.
Lei era una donna di gran classe: amava i vini, le belle auto, le feste mondane dell'alta società, ed era molto ambiziosa, dote che, considerando il loro tipo di lavoro, non poteva certo sottovalutare.
Ora erano in piedi, in salotto, a gustarsi l'ultimo bicchiere. - Ce la siamo vista brutta stamattina! - esclamò Bruni, ridacchiando.
-- Già - rispose lei con un sorriso contenuto.
-- Cos'hai? - chiese lui guardandola in tralice.
-- Da quanto tempo ci conosciamo? -
-- Da tanto, direi. -
-- Già. E noi abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto - disse lei, avvicinandosi.
-- Un rapporto speciale - confermò lui, portandosi il bicchiere alle labbra.
-- E hai mai pensato di abbandonare tutto per andare a vivere lontano, da solo, con me? - disse con una voce che era un sussurro di intenzioni.
-- No. -
-- Allora tu non concepisci una vita insieme a me? - disse, voltandosi e andando a raccogliere la borsetta.
-- No. -
-- Neanch'io - concluse, girandosi e sparandogli tre colpi con la pistola di piccolo calibro che teneva nella borsa. Bruno Bruni stramazzò a terra supino. Lei gli si avvicinò con passo misurato e sibilò: -- C'è una novità: cambio socio. Si chiama Chow-Pin, ed è intenzionato ad espandere il mercato di quest'azienda all'estero. -- Gli puntò la pistola alla testa. - Addio, Bruno. -
In quel momento, Lynn Peng e il commissario Cordieri con i suoi uomini fecero irruzione. - Ferma! Polizia! -
La donna si fermò e gettò immediatamente l'arma. Un poliziotto l'ammanettò, mentre Cordieri aiutava Bruni a rialzarsi. Il giubbotto antiproiettile e la microtrasmittente avevano funzionato alla perfezione: avevano avuto la confessione della donna.
Il commissario sorrise tra sé. Per una volta i due detective privati si erano sbagliati: non era stato Timothy Coach ad attentare alla vita dell'uomo, ma Virginia Anselmi.
All'altro lato della strada, a bordo del furgone nero di Mr. Noir da lui stesso guidato, i due investigatori videro prima portare via la signora Anselmi, e poi Bruno Bruni inoltrarsi per le strade della città. Quando il commissario Cordieri bussò sul finestrino per parlargli, lui lo abbassò. - Dove va? - chiese il detective indicando Bruni.
-- Va a farsi un giro, deve smaltire la tensione. - Si fermò, sorridendo. - Comunque, il caso è chiuso: Virginia Anselmi ha tentato di ucciderlo con questa pistola. -
Mister Noir la contemplò, e s'incupì sempre di più.
-- Che c'è? - gli chiese Cordieri, col tono carico di tensione.
-- A cosa pensi? - fece eco Elena.
-- Al mio biografo. -
-- A quest'ora??? --
-- La pistola non è quella giusta, l'attentatore non è quello giusto, e, perdipiù, come direbbe il mio biografo, manca il colpo di scena finale. Lui s'infurierebbe, se leggesse una storia così! -
-- E allora? -
-- Non è finita. --
-- Non dire così che mi sembri lo speaker d'una partita di calcio. -
E mentre Elena Fox capì che era ora di allacciarsi la cintura di sicurezza, Mister Noir ingranò la marcia del cambio automatico e accelerò.
Vide in lontananza la sagoma di Bruno Bruni avvicinarsi ad un incrocio, come l'aveva "ricordato" Guido De Rossi da uomo-copia, e, sul marciapiede a sinistra dell'incrocio, un giovane alto snello e biondo, coi capelli tagliati corti, stava andandogli incontro impugnando una pistola. Ormai Bruni era sulla sua traiettoria.
Mister Noir accelerò a fondo, suonando il suo potente clacson: Bruno Bruni sobbalzò così forte da ritrovarsi per terra, evitando per pura fortuna i tre colpi sparati dal ragazzo, e il detective sterzò bruscamente a sinistra travolgendo il vero Timothy Coach.
Un attimo dopo arrivò Cordireri su una volante.
-- Ehi, commissario, -- lo apostrofò il detective in tono ironico, -- non aveva mica pensato che io ed Elena ci fossimo sbagliati, vero? -
Lì, chiuso nel suo bunker sotterraneo, l'Uomo Che Fumava apprese la notizia, e non gli piacque affatto. Da quella vicenda solo il suo Agente Operativo che aveva infiltrato nel servizio di sicurezza era ancora lì, incolume, ma l'operazione era fallita miseramente: Samantha Mighetti avrebbe dovuto ricollocarla altrove; Virginia Anselmi, che si era fatta convincere da Chow-Pin ad eliminare Bruno Bruni per prenderne il posto, era stata arrestata; e Timothy Coach, che l'Organizzazione aveva cercato di sfruttare per il Piano B, inducendolo a sparare a Bruni sulla strada della sua tradizionale passeggiata serale, era stato "intercettato".
E tutto questo per colpa di Mister Noir!...
L'unica consolazione era che Chow-Pin, a quell'ora, era già ripartito, fugace come un'ombra, senza lasciare alcuna traccia.
Ma non finiva così! Quel Mister Noir, prima o poi, l'avrebbe pagata cara!
E, mentre meditava ciò, lo sguardo dell'Uomo Che Fumava ardeva di vendetta.
Epilogo
Il mattino dopo, Mister Noir ed Elena Fox si ritrovarono nello studio del detective. E lei, aggrottando le sopracciglia, domandò: -- Dunque, ricapitolando... Posto che tutto quello che ci ha raccontato Guido De Rossi erano Sogni Indotti, ieri mattina si è presentato a noi con una carta d'identità con cui attestava di chiamarsi Timothy Coach. Com'è possibile? Chi gliel'ha data? Non è possibile che se ne sia andato in giro, per due mesi, con una carta d'identità falsa. --
-- Probabilmente gliel'ha rifilata la sua cara "amica" Samantha, il giorno prima, assieme alla pistola. -
-- E, dato che era un'azione che riguardava Samantha, come uomo-copia non se ne ricordava. -
-- Esatto. --
Elena si fermò a meditare, poi rincarò: -- Ma perché fornirci, tramite Guido De Rossi, l'indizio della pistola? -.
-- Per sfidarmi, mia cara Elena. Di pazzi ce ne sono tanti, e questi hanno deciso di sfidare il mio genio. -
-- Chissà cosa vorrà dire quel simbolo sul calcio della pistola. -
-- Per ora non lo so, ma ho scannerizzato l'immagine. Se mi hanno sfidato una volta, probabilmente vorranno la rivincita. - Mister Noir si fermò un momento; poi, guardandola di sottecchi, soggiunse: - Sì. La ri-vincita per noi, naturalmente! -.
NOTA DELL'AUTORE
Quando qualche mese fa Graziano Braschi e Mauro Smocovich, curatori della rubrica "Giallo Comico" sul sito ThrillerMagazine, mi chiesero di scrivere un'avventura di Mister Noir per loro, io accettai, intenzionato a realizzare, finalmente, un'idea che stavo coltivando da quando ero stato ospite di Luca Crovi a Tutti i colori del giallo (Rai Radio Due). Tuttavia, mentre la stavo scrivendo, mi venne subito voglia di scriverne un'altra, antecedente, che introducesse i tratti dell'Uomo Che Fumava e della sua Organizzazione criminale.
E così mi sono addentrato nei meandri di questo racconto in cui mi sono divertito a mescolare diversi generi, dalla spy-story alla fantascienza ai film di arti marziali a quelli con Bud Spencer & Terence Hill alla serie televisiva X-Files, unendoli ad un aspetto sociale piuttosto inquietante. Per la parte relativa i rappresentanti e le centraliniste del call center, infatti, mi sono ispirato al bel film Tutta una vita davanti di Paolo Virzì, una commedia spietatamente umoristica sul mondo del precariato, in cui ho riproposto solo alcuni aspetti (e neanche tra i più allucinanti!).
Bene, ora è tutto. O quasi.
Non posso porre la parola Fine a tutto ciò senza aver ringraziato la mia amica Mariangela, che, oltre a sopportarmi dall'età di 2 anni, si è pure sobbarcata parecchi "straordinari", aiutandomi a rileggere questo racconto.
Bene, ora è proprio tutto. (Fine)
©Sergio Rilletti, 2008