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Persone con disabilità

A cura di Ledha

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24/02/2010

Processo a Google: emessa la sentenza

Si è concluso oggi, 24 febbraio 2010 il processo a Google che vedeva imputati alcuni manager del colosso mondiale dei motori di ricerca.

L'accusa, lo ricordiamo, era di diffamazione per la messa in rete di un filmato che mostrava atti di violenza a danno di un ragazzo con disabilità vessato dai compagni di scuola.
Il video venne caricato l'8 settembre 2006 , dove rimase, cliccatissimo nella sezione "video più divertenti", fino al 7 novembre prima di essere rimosso.
Il Giudice Oscar Magi, del Tribunale di Milano ha condannato gli imputati per violazione della legge sulla Privacy a sei mesi di reclusione con pena sospesa, assolvendoli invece dal reato di diffamazione.
Il giudice ha disposto inoltre la pubblicazione per estratto della sentenza su Corriere della Sera, repubblica e Stampa. Non hanno però ottenuto risarcimenti le due parti civili costituite: il Comune di Milano e l'Associazione Vividown, poiché la loro posizione era legata solo al reato di diffamazione contestato agli imputati.

Si tratta del primo procedimento penale a livello internazionale che vede imputati i responsabili di un motore di ricerca per la pubblicazione di contenuti sul web.

"Una sentenza di grande civiltà - ha commentato Alessandro Barbetta Difensore Civico di Milano e coordinatore dei Difensori Civici metropolitani, costituitosi parte civile nel processo - che conferma un principio importante per il futuro di tutti noi: nessun soggetto presente nella rete planetaria in cui si scambiano parole e immagini deve pensare che esiste un porto franco in cui rifugiarsi per potersi ritenere esente da responsabilità per ciò che accade in rete".
"Per la difesa civica è il riconoscimento di un ruolo di tutto rilievo nella tutela dell'interesse pubblico, quale è quello di constatare nelle dinamiche sociali negative, come è il meccanismo della diffamazione, il virus che minaccia la dignità delle persone con disabilità".

"Siamo molto soddisfatti perché con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica di impresa" hanno dichiarato il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il Pm Francesco Cajani al termine del processo " la tutela delle persone è fondamentale nella società di oggi, e la libertà di impresa non può mai prescindere dalla tutela della dignità umana, come ha dimostrato questo processo. Non è stato un processo sulla libertà di rete, come alcuni hanno detto. Si è posto invece per la prima volta in Italia un problema serio sui diritti della persona nella società di oggi".

"L'associazione Vivi Down esprime la propria soddisfazione per la sentenza, in quanto viene riconosciuta l'importanza del diritto delle persone alla privacy, che era il motivo principale per cui era stata intentata la causa - dichiara l'associazione Vivi Down onlus - Come più volte ribadito, il fine non era quello di censurare la libertà di espressione su internet, ma quello di ottenere una pronuncia che riconoscesse la tutela ai diritti fondamentali delle persone, tra i quali rientra il diritto alla privacy".

Anche il Presidente LEDHA, Fulvio Santagostini, esprime la propria soddisfazione per la sentenza. "La soddisfazione è molteplice, innanzitutto perché viene sancito il principio che la rete non è un porto franco su cui tutto è ammesso e che, anche in questo spazio libero, deve essere garantito il rispetto dei diritti umani; in secondo luogo per il ruolo svolto dall'associazione ViviDown e dal Difensore Civico di Milano, Dr. Barbetta, a cui va la nostra gratitudine per aver agito ancora una volta a difesa dei diritti dei cittadini".

 

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