"Solo in Italia non se ne sono accorti…"
Se si parla di diritti umani e comunicazione, uniti magari alla tanto abusata e spesso ignorata parola "disabilità", proponendo un argomento di relazione finale dopo tre anni di studi universitari in cui si è parlato solo di lingue straniere, comunicazione, marketing, economia, sarebbe lecito pensare che siano accostamenti tematici nonché terminologici quantomeno azzardati. In una società che molto lentamente si sta avviando ad accettare che i disabili siano innanzitutto 'persone con disabilità', non è facile pensare che la parola comunicazione, a cui generalmente ci si riferisce parlando di una mansione svolta in un ambito prettamente aziendale, si possa legare al mondo della disabilità in maniera così pregnante.
Nel caso specifico, mi sono ritrovata, durante e dopo lo svolgimento di un anno di Servizio Civile Nazionale avvenuto tra il 2006 e il 2007 svolto presso ANFASS sezione di Bergamo, a voler mettere a fuoco delle tematiche ben precise, e in generale ho sentito subito in me la necessità impellente di spiegare, analizzare, fare ricerca su ciò di cui si era parlato troppo poco - per non dire quasi per nulla-. Volevo dare il mio contributo ad una parte importante di questo paese, una parte spesso ritenuta solo rappresentativa di questioni sociali o medico- sanitarie.
Nel corso di quell'esperienza così forgiante per la mia formazione e crescita personale sono quindi entrata in contatto con una bellissima realtà, quella di LEDHA, e da lì è nato un gruppo di lavoro, il Centro Empowernet, che mi ha permesso di mettere "in circolo" la mia voglia di fare e le mie attitudini con quelle di altre persone, provenienti da diversi ambienti, mettendo a punto strategie comunicative da applicare all'ambiente del no profit, facendo rete con comuni, regione, istituzioni e professionisti nel campo della comunicazione. Ed è proprio qui che si inserisce la mia relazione finale in ambito universitario.
Dopo aver saputo della notizia dell'approvazione della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, e aver appurato con mio enorme sgomento della copertura praticamente assente da parte dei media, lessi per caso un articolo di Giampiero Griffo - caporedattore di una delle maggiori fonti informative online nel campo della disabilità, Superando.it - che incalzava nel titolo del suo articolo: "Solo in Italia non se ne sono accorti...". Com'era possibile, mi sono subito chiesta, che un evento così importante non fosse stato comunicato dai giornali? Com'era possibile che la vita di queste persone non fosse così importante da essere oggetto di una prima pagina di un giornale o di un servizio televisivo quantomeno accennato se non approfondito?
La risposta a tutte queste domande è stata questo mio lavoro, che si è articolato nella trattazione sintetica di cos'è la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, citando alcuni articoli ed analizzandone alcuni significativi, e successivamente analizzando cos'è una convenzione in senso più generale e che valenza avrebbe una volta ratificata. Ho poi introdotto il significato di comunicazione sociale, facendo un excursus storico riguardo a quando in Italia si è iniziato a parlare di comunicazione sociale, passando dall'esperienza di Pubblicità Progresso, allo sviluppo del giornalismo sociale negli anni Ottanta fino ad ora. Ho trattato poi dell''anomalia' del giornalismo italiano rispetto a tematiche sociali: in particolare, mi sono soffermata sui criteri di notiziabilità analizzati da Mauro Wolf e di come questi non siano rientrati nell'ottica della comunicazione di questa convenzione, ovvero di come il giornalismo italiano si prenda gioco di tematiche sociali, se non in casi di cronaca nera o casi di disabilità straordinarie (es. Fogart, Alex Zanardi...). All'interno ho inserito una ricerca quantitativa, ovvero un questionario che rileva se e come la notizia sia arrivata all'interno di alcuni Uffici della Disabilità delle università italiane.
La mia ricerca si conclude con l'immagine che le persone con disabilità hanno su tv e giornali, e di come questa immagine influisca su tutta una serie di aspetti riguardo alla percezione del disabile; questa parte è stata sviluppata grazie allo spunto del personaggio di Peter Radtke e alla sua televisione ABM - in Germania - come esempio di come si possa fare tv sulla disabilità con persone disabili che ci lavorano all'interno.
L'intento del mio lavoro, infatti, è quello che si crei in Italia una realtà simile se non uguale a quella creata in Germania da Radtke, perché credo davvero che ci siano le potenzialità professionali oltre che umane, per poter far bene, anzi benissimo! Esempi diversi ma che potrebbero aiutare sono già le sopracitate Superando.it, per non parlare di Superabile o lo storico Vita; quello che credo sia necessario è un rinnovamento, un passaggio dalla carta stampata alla tv, mass-media tanto vituperato ma che però ha oggi, a ragione o a torto, la più grande visibilità e capacità in termini di raggiungimento di utenze le più eterogenee e vaste.
Una tv come ABM è possibile. Una maggiore e migliore informazione in Italia è possibile.
Io ci sono, e voi?
Forza!!!
Silvia Magni