La nuova legge lombarda sulle Unità spinali
La normativa ha come obiettivo quello di incrementare il numero di strutture sul territorio e realizzare una rete di servizi in grado di rispondere alle esigenze delle persone con lesione al midollo spinale
Il 29 novembre 2022 è stata approvata la Legge regionale della Lombardia (numero 27/2022) che ha l’obiettivo di riconoscere e incrementare le Unità spinali lombarde, identificandole come “modello hub” e che propone la realizzazione di una rete di servizi socio-sanitari in grado di rispondere alle esigenze delle persone con lesione al midollo spinale.
Un risultato importante, che segna il punto d’arrivo di un lungo lavoro promosso dal Coordinamento regionale per le Unità spinali della Lombardia, che da anni denunciava la difficile situazione delle persone con lesione al midollo spinale che in Regione non riescono tuttora ad essere ricoverate e seguite in modo adeguato, sia nella fase acuta, sia per i bisogni sanitari che si presentano negli anni. “Una situazione causata principalmente dalla riduzione dei posti letto nelle tre Unità spinali attive sul territorio, dovuta alla carenza di personale sanitario dedicato”, spiega Angelo Pretini, presidente dell’associazione Aus Niguarda.
Secondo quanto riferito dal Coordinamento regionale per le unità spinali -che si è costituito nel 2017 proprio per dare nuova spinta all’implementazione di queste strutture- il numero di persone che ogni anno subisce una lesione midollare in Lombardia è di circa 160-170. A queste si aggiunge poi un bacino di “cronici”: le migliaia di persone che nel corso degli anni sono diventate paraplegiche o tetraplegiche e che necessitano una presa in carico specifica in caso di bisogno. “Se mi rompo una gamba o se sviluppo una piaga da decubito non mi posso rivolgere a un ospedale generico -spiega Pretini-. Per questo l’unità spinale rappresenta un punto di riferimento anche per chi non ha un’esigenza acuta”.
La carenza di posti letto e di personale dedicato ha fatto sì che nel 2019 solo l’Unità spinale di Niguarda a Milano abbia respinto 35 persone in fase acuta: “Persone che dall’oggi al domani si sono ritrovate in carrozzina ma non hanno potuto entrare in unità spinale. Di conseguenza sono state assistite in altre strutture che però non hanno le competenze adeguate per farsene carico in maniera ottimale”.
In Lombardia esistono tre unità spinali che da tanti anni hanno sviluppato competenze professionali eccellenti e rappresentano il modello organizzativo rispondente alle Linee guida nazionali del 2004 e del 2015, che vedono le unità spinali stesse all’interno o funzionalmente collegate ad un presidio ospedaliero con Dipartimenti d’emergenza e accettazione di secondo livello e presenza del centro trauma ad alta specialità. Tali strutture si trovano presso l’Ospedale Niguarda di Milano, a Mozzo (Bergamo) e a Sondalo (Sondrio).
A fronte di questa situazione, il coordinamento regionale per le unità spinali, dunque, ha avviato una proficua collaborazione con la vicepresidenza del Consiglio regionale e con la Commissione sanità e politiche sociali del Consiglio Regionale stesso. La nuova Legge eegionale, oltre a identificare le unità spinali, si rifà a un notevole spirito di democrazia e partecipazione. Essa, infatti, prevede innanzitutto un tavolo regionale composto dai rappresentanti del welfare, dagli operatori delle unità spinali e dai rappresentanti delle associazioni degli utenti, organismo che dovrà vigilare sul funzionamento delle strutture sanitarie e attivare la Rete unità spinali e territorio (Rust). La legge, infine, prevede anche l’istituzione di un Registro regionale, per poter finalmente arrivare a una stima epidemiologica della lesione midollare, sulla quale stabilire le risposte in funzione dei bisogni sanitari e socio-sanitari.
L’obiettivo, conclude Pretini, è quello di dare vita sul territorio regionale a una rete di strutture in grado di dare risposte efficaci e tempestive ai bisogni delle persone che hanno riportato una lesione midollare (sia in fase cronica sia acuta): “Il modello che abbiamo in mente prevede l’individuazione delle unità spinali come hub a cui fanno riferimento una serie di centri ‘satelliti’ sul territorio che permettano di alleggerire il carico di pazienti sulle strutture principali -conclude Pretini-. Alle tre unità spinali esistenti bisognerebbe aggiungerne altre due, per coprire le provincie che attualmente sono scoperte, oltre ad aumentare il personale nelle strutture esistenti”.